Le quarantene di oggi e la Spagnola di cent’anni fa. di Maurizio Guandalini

di Maurizio Guandalini. Con questo andazzo il problema climatico si risolverà da solo. L’umanità decimata dal demone del coronavirus. Non ci andiamo giù teneri perché a ben guardare queste epidemie sono espressione dell’astuzia della natura che provvede periodicamente, in silenzio e senza avvertire, a riequilibrare la presenza delle specie animali in rapporto alle risorse disponibili.

Tutte le pestilenze, dal Medioevo, sono venute da Oriente. Solo che la globalizzazione di allora aveva ritmi più lenti e occorrevano anni perché il contagio arrivasse qui da noi, nei porti, come Marsiglia o Venezia. Oggi approda assai più in fretta. Davvero un brutto affare. Mi chiedo, tra l’altro, come si possano tenere in quarantena  milioni di persone nelle grandi città cinesi isolate: poco credibile. E poi il contagio, qui, può arrivare non direttamente dalla Cina ma dai paesi vicini dove è già presente. E non possiamo metter in quarantena l’universo mondo.

Nella storia, la Spagnola fece più morti tra i soldati che in combattimento. Tra il 1918 e  il 1919 la pandemia colpì un abitante su tre del Pianeta. Cento milioni di vittime. Influì la Prima Guerra Mondiale e accelerò l’inizio della Seconda.

Ci sono molte analogie con il flagello cinese. La censura. Non parlarne per scansare il panico tra la popolazione. Che il potere  piramidale contemporaneo ha frenato. I funzionari comunisti delle province non muovono dito se il Grande Timoniere Xi non lo ordina. Limiti secolari delle dittature impegnate a fatica a combattere l’altro grande contagio: la corruzione.

Secondo, simile, punto di sovrapposizione tra il morbo di cento anni fa e quello di Whuan, è l’incapacità della scienza di trovare rimedio. Si provarono, allora, antidoti naif. Simili al consiglio, di oggi, sacrosanto, di lavarsi le mani. Che vale fino a che il virus non ce lo troveremo in casa. Sarà un mix di reazioni emotive incontrollabili. Anche aggrapparsi a San Sebastiano, celebrato il 20 gennaio. Già nel 680, a Roma, sconfisse una terribile pestilenza.

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