La popolazione mondiale continua a crescere, ma le risorse alimentari sono insufficienti per sfamare tutti quanti!

Sembra proprio che i soli a non crescere da tutti i punti di vista, ovvero sia in termini di Pil che dal punto di vista demografico, siamo soprattutto noi italiani. Quando invece in tutto il resto del mondo industrializzato c’è crescita economica anche se è in netta frenata quella demografica, soprattutto nel Vecchio continente, mentre la popolazione aumenta in termini esponenziali proprio nei paesi meno avanzati, con l’eccezione degli Stati Uniti che crescono sia ricchezza che in numero di abitanti.

La popolazione mondiale, in assenza di politiche demografiche di contenimento, continuerà quindi a crescere, e già ora lo fa con un tasso di circa 83 milioni di nuovi individui l’anno. Stando all’ultimo rapporto presentato dalle Nazioni Unite, il World Population Prospects 2019, nove Paesi faranno da soli più della metà della popolazione globale prevista da qui al 2050 e sono: India, Nigeria, Pakistan, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, la Repubblica Unita di Tanzania, Indonesia, Egitto e Stati Uniti d’America. L’Europa, invece, sarà irriconoscibile. Nella migliore delle ipotesi gli europei saranno complessivamente 628 milioni.

Sulla Terra vivono 7 miliardi e 762 milioni di esseri umani. Ma noi, oggi come oggi, siamo in grado di produrre in modo sostenibile cibo per appena 3.4 miliardi di persone. Per contro, la fame, la povertà, le carestie e le guerre non limitano l’attuale tasso di crescita, tutt’atro. Infatti da qui ai prossimi 30 anni, l’umanità sfiorerà quota 10 miliardi, con inevitabili conseguenze che ricadranno sulle future generazioni.

I primi problemi già si stanno palesando, e sono rappresentati dai flussi migratori in costante aumento e dalle risorse limitate per quanto riguarda soprattutto cibo e acqua.

A lanciare l’allarme è stato un team di ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) che, attraverso le pagine del Nature Sustainability, chiariscono in maniera inequivocabile quanto sia realmente grave la situazione.

Più della metà della produzione alimentare risulta essere insostenibile, l’acqua scarseggia e questo significa che l’uomo sta arrecando dei danni irreparabili al Pianeta Terra. Infatti, per produrre cibo stiamo compromettendo l’ecosistema: sottraiamo terra per allevamento e coltivazione intensiva, fertilizziamo ed irrighiamo troppo mettendo in pericolo il ciclo dell’acqua, questi i principali problemi.

La situazione è grave, ma c’è ancora tempo per cambiare agendo il prima possibile su diversi fronti:

“Rinaturalizzazione” degli allevamenti nelle aree in cui più del 5 per cento delle specie sono a rischio estinzione.
“Riforestazione” dei terreni coltivati laddove più dell’85 per cento della foresta tropicale è stata disboscata.
“Riduzione” dell’uso dell’azoto nei fertilizzanti. In altre parole, si tratterebbe di spostare parte delle attività agricole e di allevamento da zone sottoposte a “stress ambientale” elevato (Cina orientale ed Europa centrale) verso altre in cui i limiti ambientali sono distanti dall’essere superati, come il Nord-Ovest degli Stati Uniti e l’Africa sub-Sahariana.
“Modificare” le abitudini dell’alimentazione su larga scala optando per un “pasto sostenibile”.

Il che vuol dire che dovremo comunque imparare a ridurre lo spreco alimentare (circa il 30 per cento del cibo oggi prodotto viene gettato ancor prima di finire in tavola). In secondo luogo dovremmo rimpiazzare quote sempre maggiori di proteine di origine animale con legumi e altri vegetali o, perché no, con gli insetti.

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