di Agostino Spataro. “Invece d’indignazione il fatto mi procura un’intima soddisfazione, quasi un’eccitazione, come se si trattasse di una nuova forma di erotismo letterario.”
Mi dovrei indignare, protestare. Invece, no. Il fatto mi procura un’intima soddisfazione, quasi un’eccitazione, come se si trattasse di una nuova forma di erotismo letterario.
Poiché ne deduco che il plagiario sia stato talmente attratto da quel brano fino ad attribuirselo, incurante dei codici etici (la famosa deontologia professionale) e d’altra natura.
Immagino che egli vi sarà stato costretto dal… bisogno. Da qui il riconoscimento implicito per il vero autore, il suo meritato appagamento.
Dopo questa sintetica premessa, che vale come considerazione personale di ordine generale, andiamo, al caso specifico che desidero segnalare all’attenzione del mio improbabile lettore.
Nei giorni scorsi, mi è capitato di leggere un lungo articolo sul quotidiano “Il Foglio” (del 24/2/2020), dal titolo assai bello e intrigante “La vita delle statue”, scritto da Valentina Bruschi, sicuramente una valente collega che però vi ha inserito un paio di frasi mie senza citarne la vera fonte.
Non so come siano andate esattamente le cose. Se tale stravaganza sia stata intenzionale o indotta.
Ho segnalato il fatto al direttore del quotidiano non per farne una questione formale, ma solo per chiarire la ragione di tale stravaganza, per averne una spiegazione, per il rispetto dovutomi, se non altro perché ho fatto circa 26.000 km per raggiungere B. Aires. E anche a tutela della serietà della categoria.
A ulteriore conferma, aggiungo di avere inserito il testo dell’intervista alla Kodama nel mio libro (“Borges, nella Sicilia del mito”) , uscito nel 2016, come tributo al grande scrittore argentino nel 30° anniversario della morte. (vedi sito: https://www.amazon.it/BORGES-NELLA-SICILIA-MITO-conversazione-ebook/dp/B01EXPTLIY )