di Gerardo Lisco. Alla domanda se, dopo la scelta del PD di Letta di stringere un accordo con Calenda e i radicali di + Europa, la Sinistra sia orfana del PD la risposta non può che essere un NO secco.
A parte l’intermezzo rappresentato dalla Segreteria Bersani e, in minima parte, dalla Segreteria Zingaretti, l’accordo sottoscritto con Calenda e + Europa è l’ovvia conclusione dell’evoluzione in senso liberale del partito avviata da Veltroni, continuata con Renzi e portata a termine da Letta.
La componente di sinistra presente nel PD, in prevalenza di provenienza PCI, è solo il residuato di un epoca ormai lontana.
Il PD a guida Letta è lo stesso di Veltroni e Renzi lo si evince dal posizionamento politico, dalle alleanze, dalla vocazione maggioritaria, dal target elettorale al quale si riferisce.
Renzi, dopo le elezioni perse dalla coalizione “Italia Bene Comune”, alle elezioni europee fece meglio con il PD che superò il 40% dei consensi su una partecipazione al voto che si attestava al 50% degli aventi diritto: in effetti Renzi, alle elezioni europee, confermò gli 11 milioni o poco più di voti presi dal PD di Veltroni alle elezioni politiche. Già con Renzi il contesto sociale e politico era cambiato in modo profondo. Alle elezioni politiche del 2018 il PD si presentò in coalizione con Scelta Civica e altre liste minori, nel suo complesso la coalizione prese il 22% o poco più dei consensi e 7,5 milioni di voti.
A differenza delle altre tornate elettorali quando il richiamo all’antifascismo aveva il suo appeal, il contesto sociale è cambiato e non penso che possa incidere significativamente sul risultato. Lo stesso appello, lanciato da vari costituzionalisti, al voto utile al fine di evitare che il centrodestra possa avere una maggioranza tale da poter modificare unilateralmente la Costituzione non troverà terreno fertile.
In questi anni proprio il PD ha apportato modifiche alla Costituzione tali da stravolgerne senso e significato storico. La vittoria del movimento referendario contro la riforma voluta da Renzi, o “deforma costituzionale” come la definì Felice Besostri, la si deve al fatto che il referendum venne trasformato in un voto politico pro o contro Renzi. Sempre in materia di modifiche alla Costituzione non bisogna dimenticare che l’iter per l’approvazione del regionalismo differenziato è molto avanti e ad averlo avviato sono state Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, regioni guidate tanto dal centrodestra quanto dal centrosinistra per cui l’essere a favore o contro le , eventuali, riforme alla Costituzione attraversa trasversalmente tutti gli schieramenti.
Ci sono voluti un paio di decenni per scoprire che precarietà e flessibilità, salvo poche eccezioni, non sono sinonimi di libertà individuale ma strumenti di sfruttamento e di controllo delle elitè sulle masse.
Il PD ha scelto di diventare la forza politica di Centro Progressista. Che fosse questa la scelta definitiva era scontato, era l’ovvio approdo di un percorso iniziato con la sua nascita. La trasformazione naturale del PD ha lasciato a Sinistra degli orfani. Alcuni di questi preoccupati soprattutto del proprio destino personale, altri perché hanno veramente creduto che il PD potesse continuare ad essere parte del centrosinistra.
La scelta di Letta aiuta a fare chiarezza, ponendo fine all’ambiguità di fondo che ha caratterizzato il PD sin dalle origini: il PD non è di Sinistra! Perciò la Sinistra non deve sentirsi orfana del PD, non serve. Non servono “campi larghi”, servono scelte di campo chiare e nette, solo partendo da queste ultime è possibile ricostruire e riorganizzare il “campo della sinistra”.