di Domenico Stimolo. Edith Bruck è una scrittrice e poetessa di origine ungherese, nata nel 1931, residente da oltre sessant’anni a Roma, moglie del poeta e regista Nelo Risi, scomparso nel 2015.
Porta con sé un’esperienza drammatica.
Fu deportata tredicenne.
Viveva in un paesino dell’Ungheria (ai confini con la Slovacchia), nel maggio 1944 fu prelevata dai tedeschi del regime nazista ( con la collaborazione diretta dei fascisti delle “Croci Frecciate” – magiari, filo nazisti e persecutori degli ebrei -), assieme a tutta la sua famiglia – i genitori, una sorella e un fratello- fu deportata nel Lager di Auschwitz. La colpa, agli occhi degli ossessi criminali, era di essere di religione ebraica.
Ragazzine/i e bambine/i – ebrei, rom, figli di oppositori politici, militari russi, italiani e di molti altri paesi europei, … -, in un numero incommensurabile, furono deportati da tutta l’Europa nell’immenso sistema concentrazionario dagli assassini nazifascisti. Costrette/i a convivere con le atrocità più infami. La maggior parte fu “inghiottita” dalle camere a gas, o soppressa a seguito delle efferatezze impartite.
Anche i genitori della scrittrice e un fratello subirono la morte violenta nel Lager.
La “sorte”, imperscrutabile, le aveva assegnato il compito della testimonianza, così come avvenuto ad altri sopravvissuti.
Nel libro (edito da La nave di Teseo, gennaio 2021) descrive il percorso della sua vita. La parte più rilevante è dedicata agli anni giovanili, prima, nel corso e dopo la deportazione.
Ricostruisce, nella dinamica violenta e con l’uso di parole consone, le traversie trascorse nel Lager. Il racconto di una/un testimone (come già “codificato” da tanti altri sopravvissuti) è sempre unico, improducibile per coloro che non hanno vissuto l’esperienza della deportazione. In quella giovanissima età sopravvisse poiché sostenuta dalla sorella più grande e da una “grande volontà di vivere”.
Poi, il suo cammino di deportata, fu fatto proseguire ancora, dalla Polonia in Germania, in altri Lager: Dachau, Kaufering, Landesberg, Bergen Belsen, quindi la “marcia della morte” verso una destinazione indefinita; si ritrovarono di nuovo a Bergen Belsen… quindi, a metà di aprile (45) sopravvenne la liberazione.
Segue la “nuova vita”, come lei stessa titola la seconda parte del libro. Iniziò, assieme alla sorella, il viaggio del ritorno. Prima la Boemia e Bratislava, dopo da Budapest si recarono al loro villaggio. Trovarono la loro casa distrutta e completamente saccheggiata. A questo punto maturò la decisione: recarsi in Palestina, con il supporto delle organizzazioni ebraiche che promuovevano la nascita dello stato di Israele.
La permanenza nella nuova realtà, costituitosi a danno dalle popolazioni ataviche residenti, durò poco. Molto complicata, anche sul piano degli aspetti personali, la convivenza. Fu la fuga.
Seguì una peregrinazione. Accompagnatosi ad una “comitiva” che esercitava spettacoli, toccò diversi stati: Grecia, Turchia, Svizzera. Quindi l’Italia, prima Napoli e poi Roma, che divenne la città della sua stabilizzazione definitiva, dove ancora risiede.
Pur da non credente è doveroso evidenziare che le ultime pagine del libro sono dedicate ad una “Lettera a Dio”, dove, da ebrea, ricostruisce le rimembranze del suo percorso di vita.
Giorno 20 febbraio il Papa Francesco ha fatto visita a Edith Bruck, nella sua abitazione a Roma. Il Papa, tra l’altro, si è espresso così: “Chiedo perdono per la Shoah”.
Un evento di grande emotività.