di Gerardo Lisco. Ho viso il film del regista Gianni Amelio dedicato a Bettino Craxi con l’interpretazione da oscar di Pierfrancesco Favino.
E’ chiaro che per quanto mi riguarda, da Socialista, da militante, da dirigente locale e amministratore pubblico del PSI in quegli anni, vedere il film è significato un tuffo nel passato.
Il PSI è stato il mio impegno politico giovanile per cui più di una volta quelle scene mi hanno emozionato.
Detto questo e tornando al film, regista e sceneggiatori non hanno voluto dare ad esso nessun taglio politologico o storiografico, l’intento è stato quello di narrare la crisi esistenziale di un politico del calibro di Bettino Craxi.
L’ascesa politica di Craxi, a partire dal Congresso del Mida, è stata irresistibile, ha tolto il PSI dalla crisi nella quale era sprofondato, sceso al di sotto del 10%, schiacciato dall’accordo DC – PCI rappresentato dal Compromesso storico e dal Governo di solidarietà nazionale: vaso di coccio tra vasi di ferro come si espresse un commentatore dell’epoca, portandolo a dominare la vita politica italiana.
Proprio nel discorso al Congresso di Milano dal quale il film prende le mosse c’è tutta la forza politica del progetto politico di Craxi.
L’inchiesta passata alla storia come “Mani pulite” segna la fine di un’epoca storica e del mondo che Bettino Craxi grazie alla sua intelligenza e abilità politica aveva contribuito a costruire.
Il dramma esistenziale di Craxi è dovuto non all’incapacità di comprendere gli eventi che stavano portando alla fine della c.d. “Prima Repubblica” ma dal fatto che rifiutò quei cambiamenti perché rappresentavano il superamento e lo stravolgimento del mondo che aveva contribuito a costruire.
Il rifugiarsi ad Hammamet e il rifiuto di farsi processare non furono dettati da arroganza o dal non riconoscimento del potere giudiziario, furono il rifiuto di accettare il compromesso con i fatti che stavano determinando la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova.
I risultati di questo cambiamento Craxi li aveva già chiari, come si evince dal recupero, ad esempio, delle dichiarazioni in merito alla costruzione dell’Unione Europea, noi li stiamo vedendo solo ora. Che sia questa la ragione della sua scelta di morire in Tunisia, lontano dall’Italia, Paese che ha amato, lo si evince dal dialogo con il personaggio politico interpretato dal bravo attore Renato Carpentieri.
La sostanza di quel discorso è tutto racchiuso nella frase: “le cose stanno cambiando”.
In questo scambio si legge chiaramente il rifiuto del compromesso, del comparire davanti ai magistrati i quali avrebbero ricambiato con una sentenza mite e con l’affidamento ai servizi sociali.
Ma qual è il significato politico del compromesso che il “politico” Renato Carpentieri propone a Craxi ? Esso è implicitamente il riconoscimento della subordinazione della politica all’economia, cosa niente affatto irrilevante per chi come Craxi era consapevole del ruolo preminente della classe politica.
Sia prima che dopo l’uscita del film mi è capitato di leggere interpretazioni polititologiche e storiografiche che con il film non hanno nulla a che vedere. Il tema del film è il dramma umano di Bettino Craxi. Come con il film non ha nulla a che vedere l’inchiesta di “Mani pulite” condotta dai magistrati della Procura di Milano.
Solo gli ingenui e coloro che sono in mala fede possono ancora credere alla narrazione fatta dai media circa la moralizzazione della vita politica italiana a seguito di “Mani pulite”.
Non a caso a trent’anni dall’inizio delle inchieste la corruzione della vita politica in Italia non è stata eliminata.
Gli effetti di quelle inchieste sono stati: la fine dei partiti politici, l’abrogazione del finanziamento pubblico, surrogato dalle elargizioni private che di fatto sono la legalizzazione della tangente e il trionfo del potere economico rispetto alla politica.
Altro dato difficile da smentire è che gli unici ad aver pagato sul piano personale per le inchieste di “Mani Pulite” sono stati: Bettino Craxi, Sergio Cusani che ha scontato per intero la pena inflittagli e infine Sergio Moroni, che prima di suicidarsi indirizzò una lettera all’allora Presidente della Camera Napolitano nella quale così si esprimeva:
L’estratto della lettera di Sergio Moroni dà la misura del dramma esistenziale vissuto da persone che, seppure in modo diverso e comunque tragico, non accettarono di venire a patti con la fine del periodo storico che si identifica con la c.d. “Prima Repubblica” sostituita da un modello politico senza partiti nel quale dominano gli interessi lobbistici con una politica dominata dagli interessi del capitalismo finanziario e dal mercato.