Femminicidio, non può essere reazione emotiva. di Antonello Laiso

di Antonello Laiso. Non può essere da attenuante una reazione emotiva, un sentimento, pur intenso, a giustificare o attenuare la gravità di un femminicidio.
Alcune sentenze dei giudici si possono discutere si possono portare avanti nei tre gradi di giudizio ma tale non implica che seppur gravi provocazioni ci fossero state da parte del/della partner non possono essere tenute in conto.
Il femminicidio è un tema provocatorio quanto scottante  un tema delicato,  non di rado nei tribunali si pongono  in risalto eventuali provocazioni femminili scaturenti da tensioni esistenti, mai sanate, di arroganza, di comportamenti da  esasperazioni da parte di quelle donne che poi sarebbero state uccise a causa di quelle ferite mai cicatrizzate. Se anche tali situazioni potrebbero verificarsi, nulla può rispondere o corrispondere a comportamenti violenti, nessuna giustificazione può essere adotta a favore di quegli uomini che commettono tali gesti indegni per un essere umano e cristiano.
La violenza però non è solo quella fisica, talvolta la violenza morale, di una dignità negata da quelle pari condizioni di convivenza di una vita familiare che sia o non appartenente ad un unico nucleo, fa parte, come gravità, di quel’ altra violenza fisica, essa non può essere esclusa né meno pregnante di questa. Logicamente ciò vale nella stessa misura sia per quella violenza non fisica nei confronti della donna sia per quella nei confronti dell’ uomo .
Il folle omicidio, il femminicidio, pone degli interrogativi atavici sia verso quel comportamento definito “di normalità” dai canoni attuali, sia circa quella latenza di un gene che sembra essere presente in molti individui definiti normali, il gene della follia. Quando si parla di movente, di giustificazioni per un gesto estremo, come quello di un femminicidio, sembra quasi voler giustificare situazioni che non possono essere giustificate nella normalità, una causa od una concausa non possono, infatti, essere il fulcro di un gesto quale un omicidio femminile.
L’esasperazione, vero che spesso conduce ad una prevalenza di quella parte latente nel nostro comportamento ma, nonostante ciò, siamo lontani dal poter giustificare un delitto di femminicidio. Il pazzo è definito come un sognatore sveglio lì dove la pazzia è un sogno sognato mentre i sensi sono svegli, Schopenhauer identificava i sogni come una breve follia e la follia un lungo sogno. La realtà sembrerebbe essere allora quella che in ognuno di noi c’è un contenuto manifesto ed uno latente ed è proprio tale contenuto, ovvero il latente, il vero significato di una facciata spesso sostenuta in un limite border line di normalità. Ogni persona si procura quella facciata di costume in un mondo onirico secondo le proprie caratteristiche individuali occultando in questo modo quella latente.

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