Esercenti minacciano stop a buoni pasto. Ticket a rischio per 3mln di lavoratori.

di Redazione. Sia nel pubblico impiego che nel privato ha ormai preso piede il cattivo vezzo del “buono pasto” corrisposto dal datore di lavoro ai propri dipendenti laddove non esiste un servizio di mensa in grado di fornire il giusto ristoro per la pausa pranzo durante l’orario di lavoro.

Così, invece di percepire il corrispettivo in denaro direttamente accreditato in busta paga – come sarebbe più logico e conveniente per tutti, tranne per chi li ‘gestisce’ – si è preferito il “buono pasto” con tutti i problemi che questo comporta non solo ai lavoratori – che spesso e volentieri se lo vedono rifiutare  o accettato a ‘strane’ condizioni – ma anche agli esercenti.

L’attuale sistema, denunciano gli esercenti, genera “una tassa occulta del 30% sul valore di ogni buono pasto a carico degli esercenti” per cui “tra commissioni alle società emettitrici e oneri finanziari, i bar, i ristoranti, i supermercati e i centri commerciali perdono 3mila euro ogni 10mila euro di buoni pasto incassati che accettano”.

“Il sistema dei buoni pasto è al collasso e se non ci sarà un’inversione di rotta immediata, quasi tre milioni di dipendenti pubblici e privati potrebbero vedersi negata la possibilità di pagare il pranzo o la spesa con i ticket”. E’ l’allarme lanciato dalle associazioni di categoria Fipe Confcommercio, Federdistribuzione, ANCC Coop, Confesercenti, FIDA e ANCD Conad. “Siamo arrivati ad un punto limite di sopportazione”, affermano in una conferenza per cui “siamo pronti a smettere di prendere i buoni pasto” senza una riforma.

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