di Carmelo Musumeci. Ho raccontato a Anna di un giorno che ero stato al campo sportivo e avevo trovato una piantina di basilico e l’avevo presa. Poi avevo preso due pugni di terra e me li ero messi in tasca. Una volta in cella, avevo preso un barattolo di plastica, l’avevo riempito con la terra che avevo in tasca e ci avevo piantato il basilico. E poi avevo messo il barattolo fuori dalla finestra.
Per anni mi sono chiesto perché a un detenuto sia proibito tenere nella sua cella un vaso con una piccola pianta da curare e annaffiare tutte le mattine. Non certo per motivi di sicurezza, dato che il vaso e la pianta sarebbero facilmente controllabili con il metal detector.
L’unico motivo è che l’Assassino dei Sogni ha paura del verde e dei fiori. L’ho racconta ad Anna e lei ha deciso di domandarlo alla Ministra della Giustizia. Ecco la sua lettera:
Basta un buon cuore che muova il vasetto di terra per ricevere quei pochi raggi di luce che filtrano qualche ora nella cella. Basta un goccio d’acqua ogni giorno. Qualche parola gentile che aiuti la crescita della piantina. Abbiamo tutto. Abbiamo esseri umani nelle celle che potrebbero occuparsi di tutto questo. Quel piccolo seme che dopo cure amorevoli regalerà un germoglio sarebbe una pennellata di verde tra le mura grigie. Porterebbe il buonumore nel cuore del detenuto e sappiamo bene quanto questo favorisca una detenzione costruttiva. Un’educazione supportiva e di rinforzo verso le azioni positive è quanto di meglio si possa offrire ad una persona che si è persa.
Esistono cuori gentili tra le mura di una cella come la sua sensibilità ben sa. Conosco le sue posizioni e le sue azioni in favore dell’educazione piena del detenuto. Un’educazione vera che trae origine dalla sua natura di “prendere per mano e condurre”.
La sua attenzione ai diritti dell’essere umano recluso è ammirevole e lasciando i piani intellettuali in cui lei è impegnata per attuarli, la riporto un attimo all’importanza delle piccole cose, dei piccoli gesti che minuto dopo minuto colorano e profumano la vita di tutti noi. Capiterà anche a lei di fermarsi un attimo dalla frenesia quotidiana e sorridere davanti ad un fiore sbocciato. Magari proprio di quella piantina che frettolosamente ha annaffiato ogni mattina. Ecco, chiedo solo questo, di poter portare questa meraviglia nelle buie celle dei nostri carceri.
So che non esiste un regolamento ma credo ci si possa lavorare, so che di piante ce ne sono molte ed alcune non officinali per natura ma che si possano distinguere. Non trovo dunque una spiegazione a questo interrogativo che non mi spinga a chiederle ancora ed a scriverle affinché si possa portare “luce” là, dove tutto è grigio. Dove non ci si meraviglia spesso ed invece si dovrebbe. Dove c’è vita da ricostruire.
La lascio con una citazione che so a lei essere molto cara dell’ex direttore del carcere di Santo Stefano Eugenio Perucatti “Filtrerà sempre un raggio di sole”.
…quel raggio di sole può portarlo lei…
Con stima,
Anna Tribuzi *