di Antonello Laiso. Mi riferisco a fatti noti cui quel polverone non accenna ad abbassarsi nonostante i giorni passati, quel polverone che a volte si alza per cause naturali ed altre poiche’ si tende invece ad alzarlo, per vittimizzare colei che’ e’ parte lesa, colei che con molta sofferenza psicologica e di quei ricordi che si vorrebbero cancellare e’ costretta a subire un processo per stupro poiche’ denuncia.
Ci chiediamo e senza scendere in quei particolari di nomi e fatti noti a tutti, ci riferiamo particolari che si arricchiscono sempre piu’, di quelle prove, ed a cui solo quegli uomini preposti al rispetto di quelle leggi dovranno emettere una decisione, perche’ una donna, una ragazza ancora di più benestante (e senza fraintendimenti che tale sia una pregiudiziale determinante) dovrebbe denunciare un falso stupro?
Un interessantissimo documentario su tale tema fu mandato in onda da una rete Rai nel 1979 seguito da nove milioni di telespettatori, dove il famoso avvocato Tina Lagostena Bassi mise in risalto cosa vuol dire essere parte lesa in un processo per stupro,cosa significa sentirsi addosso per una vittima accuse ed insinuazioni,una ferita lesa nella ferita ancora aperta,un dolore nel dolore, poiche’ ci si rese conto e lo stesso avvocatolo sottolineo’ che tale situazione era sconvolgente, come gli avvocati della parte imputata ovvero degli accusati di stupro potessero essere altrettanto violenti nei confronti della parte lesa ovvero colei che era stata stuprata inquisendo su quei dettagli della violenza, mettendo in dubbio una non moralita’ ,un costume,screditando una credibilita’, per cui la vittima si trasformava in imputata.
Ma una donna ha il diritto non solo di denunciare uno stupro quando vuole nel rispetto dei tempi del codice penale, ovvero quando realizza quella forza psicologica e supera quel definito da psicologi iniziale senso di vergogna,quella vergogna che dovrebbe essere presente solo in chi ha commesso il fatto.
Non solo, da recenti della Cassazione sul tema anche una donna ha diritto a commettere qualche goliardata,qualcosa che potrebbe nella cultura maschilista e dominante per taluni far intendere che ci sta’, ma tale non significa affatto ne vuole mostrare una password alla concessione del suo corpo, di una violenza sia pur e ancor di piu’ che questa avvenga psicologicamente in stato d’incoscienza poiche’ sotto effetti dell’ alcol per cui la vittima diventa incapace di intendere e discernere una volonta’.
Purtroppo quelle convinzioni per modificare uno status mentis arcaico, pur oggi a distanza da quel primo processo per stupro del 1979 reso publico,ed alla luce delle mie passate esperienze in quelle aule di giustizia come servitore dello Stato sono ancora lontane per molti.