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Leggo che “La famiglia della bambina vive in uno slum ai margini della mostruosa collina, un accampamento privo di fogne, acqua corrente ed elettricità; si calcola che in tutta l’India siano almeno quattro milioni i “ragpickers”, le persone che sopravvivono ai margini degli insediamenti urbani grazie alla vendita di oggetti o materiali in buono stato che raccolgono, quasi sempre frugando a mani nude, nelle discariche.”
Dopo giorni di ricerche, il suo corpicino, è stato ritrovato ad Ahmedabad, mentre il piccolo Amil di sei anni, che cercava con lei tra i rifiuti, era stato salvato dopo poche ore quel 26 settembre…
Oggi dell’India se ne parla quotidianamente fornendo le cifre dei morti da Covid-19, e in quel paese incredibile tra vacche caste e religioni, che conta anche una popolazione giovanissima e digitale, tanto che “la città di Bangalore , situata nel cuore dell’immenso altopiano del Deccan è la terza città più grande dell’India, è diventata un polo tecnologico importantissimo fino ad essere paragonata alla Silicon Valley statunitense”.
Tanto che noi abbiamo in tempo reale notizie fantastiche e drammatiche da ogni angolo del mondo: stamattina riporto questa, sapendo che non posso fare niente altro che condividerla e fare tutto il possibile per lottare contro i rifiuti e chi mette in condizione un essere umano di diventarlo.In memoria di Neha.