Whistleblowing, via libera alla legge che protegge chi denuncia episodi di corruzione.

‘Whistleblower’ (dall’inglese, il ‘soffiatore di fischietto’), suona meglio del più diretto ed esplicito corrispettivo italiano dello ‘spione’. Da qui la legge sul ‘Whistleblowing’ che tutela il dipendente pubblico o privato che denuncia le condotte illecite di cui è venuto a conoscenza. Insomma, fare la ‘spia’ in ufficio diventa legge, e tutti quei lavoratori che nella loro attività si imbattono in una possibile frode, un illecito o un altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione dell’impresa, possono liberamente denunciare al responsabile della corruzione e della trasparenza del suo ufficio,
all’Anac o all’autorità giudiziaria condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza e non potranno essere sanzionati, demansionati, licenziati, trasferiti, mobbizzati in alcun modo e comunque subire ritorsioni. In base al testo approvato a Montecitorio, con il voto contrario di Fi e Direzione Italia, viene sancito il divieto di rivelare l’identità di chi segnala l’illecito, oltre che nel procedimento disciplinare, anche in quello penale e contabile. Se l’Anac accerterà l’adozione di misure discriminatorie nei confronti del dipendente che denuncia, potrà irrogare una sanzione a carico del responsabile da 5.000 a 30.000 euro. E una sanzione da 10.000 a 50.000 euro è prevista se l’Anac rilevi il mancato svolgimento di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute da parte dei soggetti responsabili. Viene quindi previsto il diritto di chi sia stato licenziato dopo aver denunciato condotte illecite al lavoro ad essere reintegrato nel posto di lavoro da parte del giudice, al risarcimento del danno subito e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti dalla data di licenziamento a quella di reintegrazione.

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