Voto fuori sede. di Marianna D’Antona

di Marianna D’Antona. Voto fuori sede: studio fuori la mia residenza, amo la politica ma non posso votare.

È assurdo, pensiamoci, fermiamoci un attimo a pensare quanto sia sconclusionato tutto ciò:
un giovane lavoratore o studente decide di rivoluzionare la propria vita, studia, lavora, sfida le difficoltà che un fuori sede riscontra nella sua vita in totale autonomia, si informa, ama la politica, si mette in gioco: ma non può votare.

È il mio caso, come di tanti altri giovani, che non possono votare nella città dove stanno formando il proprio futuro, dove studiano, dove si impegnano.

Ho 20 anni, siciliana e palermitana e studio a Milano da 3 anni Scienze Politiche, sono un’appassionata di politica sin da tenera età e mi ritrovo a dover pagare una cifra a due zeri per il biglietto aereo e potere andare a votare. Sì, per votare.

È assurdo che nel 2019 non si trovi una soluzione.
La legge dà la possibilità di votare fuori sede solo a determinate categorie di elettori ma non a tutti: si tratta, ad esempio, di chi appartiene alle forze dell’ordine oppure a chi è in ospedale o in una casa di cura.

Quindi, studenti e lavoratori che si trovano lontani da casa?
Devono tornare a casa, pagando il mezzo pubblico. È vero, ci sono delle agevolazioni, sconti allo scopo di tornare a casa per votare come 70% di treni, ad esempio.

E se non puoi tornare a casa per impegni universitari o di lavoro? Beh non voti.
E se non puoi permetterti il volo anche con 40€ di sconto aereo? Beh non puoi votare.
E se hai un esame universitario? Trovi la risposta nella frase precedente.

Il voto ha un valore fondamentale: esprimere liberamente la propria opinione anche se si vive a 300 km di distanza in un’altra città italiana.
Votare ha un peso nella società, soprattutto da parte di noi giovani.

Sottovalutare, non discutere e non trattare questo argomento risulta sbagliato oltre che irrispettoso nei confronti degli studenti che vogliono mettersi in campo nella politica e dire “sì, ci sono anch’io e posso votare nella città in cui ho deciso di studiare”.

Non votare è una scelta, ma non poter votare perché non si può tornare a casa (per motivi del tutto personali) è un’ingiustizia.

Battersi per le campagne elettorali e poi non partecipare e non potere contribuire direttamente è altamente sbagliato oltre che poco incoraggiante.
Fare politica è anche saper coinvolgere i giovani e spiegare loro l’importanza del voto, se non si può votare inizia a nascere un senso di distacco tra gli studenti e la politica che porta al disinteresse della società.

Non c’è nulla di più sbagliato oltre che preoccupante, e non lo nego da studentessa universitaria: sono preoccupata.

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