Una cavallina ci insegna come vivere.

di Maria Pia Caporuscio. Se questa cosa non l’avessi vista con gli occhi e toccata con mano non potrei crederci. Voglio raccontarla perché è una lezione di vita che un animale a quattro zampe ci impartisce. Mi trovo su una collinetta a due chilometri da Pontecorvo, un paese della Ciociaria che si trova a metà strada fra Roma e Napoli. Sono in una fabbrica di fuochi di artifici a poca distanza dalla diga, che ha privato il paese del suo fiume. Il proprietario è un signore con folti capelli rossi e un sorriso da bambino che contrasta con l’aspetto di ruvido orso. Gabriele è l’ultimo di sette figli di un signore straordinario conosciuto in paese come “Tarzan” per l’aspetto muscoloso e schivo.
Tarzan era una leggenda a Pontecorvo perché appena finita la guerra quando la gente aveva fatto ritorno in paese e aveva iniziato a ricostruire la propria casa, lui passava le sue giornate a trasportare con la sua zattera da una parte all’altra della riva i suoi paesani, essendo il ponte crollato sotto i bombardamenti degli americani. Il fiume che divideva in due il paese costituiva un problema senza il ponte, per la gente che aveva necessità di muoversi da una parte all’altra. Tutto questo Tarzan lo faceva esclusivamente per solidarietà verso una popolazione martoriata dalla guerra, sfollata dalle proprie case senza poter portare nulla e al ritorno ritrovare al loro posto solo macerie. All’epoca Tarzan aveva già due bambini e una moglie da sfamare ma per lui i soldi, erano come l’acqua santa per il diavolo e mai sarebbe stato capace di farsi pagare. La generosità della gente però non era da meno e sapendo che anche lui si trovava nelle medesime condizioni, lo ripagavano con un po’ di frutta, del pane, un sacchetto di farina. Osservo gli occhi rossi di Gabriele nel ricordo di suo padre e mentre cerca di nascondere la commozione, noto le sue braccia forti e muscolose, sicuramente simili a quelle del suo papà. Sul suo volto un leggero rossore caratteristico delle persone timide. Ero immersa nei miei pensieri quando noto poco distante, una cavallina col pelo rossiccio come il suo padrone, che portava sulla groppa una piccole capretta e un’altra piccolina le seguiva. La vedo avvicinarsi ad una pianta e fermarvisi sotto mentre la capretta si sporgeva per mangiarne le foglie. E’ uno spettacolo insolito e la mia esclamazione di meraviglia fa voltare Gabriele che sorride del mio stupore e torna a sedersi accanto a me.
– E’ sempre lei che a turno porta le caprette a mangiare – sorride ancora – ha aiutato la mamma a farle venire al mondo ed è diventata la loro balia – mi dice ridendo di gusto nel notare la mia espressione.
– Non ci posso credere! – Esclamo osservando incredula quella scena e Gabriele scuotendo leggermente il capo continua il suo racconto:
– Avevo comprato una coppia di cavalli da tenere qui dove potevano vivere liberi e in pace e per molto tempo è stato proprio così, poi il maschio si è ammalato e inutili sono state tutte le cure. Quando morì soffrivamo in due la cavallina e io ma il dolore era stato troppo forte per poterne comperare un altro. Poi mi accorsi che la cavallina non era più la stessa e temetti si fosse ammalata anche lei. La feci visitare dal veterinario che mi tranquillizzò sulla sua salute e allora capii che era la solitudine a farla stare male. Quando comprai la capra avevo un certo timore che potessero infastidirsi a vicenda, invece notai con gioia che fecero immediatamente amicizia. La cosa sorprendente fu che quella capretta era incinta…
Mentre Gabriele racconta noto che anche la capra mamma stava mangiando le foglie insieme ai suoi piccoli.
– Nel momento del parto – continuò – la capra era andata a nascondersi e la cavallina pareva impazzita, andava cercandola dappertutto e finalmente quando riuscì a trovarla assistetti ad una scena per davvero incredibile. Pareva un ostetrica preoccupata e attenta e quando i piccoli furono nati si adoperò con la mamma a ripulirli lavandoli con la lingua. Faceva tutto lei andava a spezzare i rami per portare le foglie fresche alla capra per farla mangiare, si prendeva cura dei piccoli quando era la capra ad allontanarsi, insomma era diventata la loro balia. E adesso che stanno crescendo se ne carica una per volta sulla groppa e le porta a mangiare e a giocare tutto il giorno. Si sente il loro papà – sorrise sempre più divertito dall’espressione che doveva avere la mia faccia – Così la mia cavallina è tornata a vivere con questa nuova famiglia.
Mentre Gabriele mi racconta questa storia non riesco a fermare un convulso e benché mi vergogno di mostrare la mia commozione, risulta inutile ogni tentativo di fermare le lacrime . Oggi una cavallina dal pelo rosso ha insegnato a me come si vive. Come posso non fare un paragone tra i nostri comportamenti e quelli che noi, quasi con disprezzo, chiamiamo animali?

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