Un bel giorno i canali televisivi diventarono a colori, tre, quattro, cinque, sei, sette…

di Occelli Guido. Da miliardi di anni, il mondo gira sempre nello stesso senso e l’evoluzione è stato un processo lungo e disciplinato da leggi naturali. Per chi è nato come me negli anni ’60, sembra sovvertita ogni regola dell’evoluzione, non sembra più un processo di lenta e costante evoluzione, ma qualcosa fatto di salti a singhiozzo verso nuove, imperscrutabili, inaspettate e imprevedibili mutazioni, non nel senso di una vera e propria evoluzione,

ma di una sorta di improvvisati e irresponsabili esperimenti scientifici che nessuno sa a cosa approderanno. Nel mio vissuto c’erano due canali televisivi che intrattenevano e informavano a orari prestabiliti in bianco e nero, i giornalisti erano professionisti di “onore” se pur stipendiati, i quotidiani (ricercati e letti in massa) si dividevano tra locali e nazionali, approfondivano le notizie firmate da indiscussi cervelli, sia pure di parte, ma comunque autorevoli cervelli. Come scordare le colonne di Indro Montanelli, Enzo Biagi o Oriana Fallaci e tanti altri. Poi c’erano le iniziative politiche e le grandi discussioni dell’epoca, i grandi conflitti e contrapposizioni che ancora oggi attraversano lo stesso paese per le stesse ragioni (modalità diverse, ma identiche se ci si pensa bene). Per queste si scendeva in piazza, disposti al contatto fisico per ascoltare le ragioni di chi ci metteva la faccia fisicamente, i polmoni e il carisma, disposto a rischiare pomodori e mattonate qualora non fosse stato abbastanza convincente. Un bel giorno i canali televisivi diventarono a colori, tre, quattro, cinque, sei, sette… dieci, e dopo poco qualche centinaio, altrettanto l’offerta pubblicitaria (addio Carosello) e informativa, in proporzione i giornalisti sparati su un mercato esploso e votato al miglior offerente. Un esempio su tutti ricordo il meglio di Fede, imbarazzante quanto discutibile per la sua parzialità e “devozione professionale”, paragonabile solo alle migliori prestazioni di Vespa con Craxi. Il pluralismo, sacrosanta espressione di democrazia, ma che oggi come oggi, si potrebbe tradurre nel meno onorevole concetto che “chiunque può mentire, omettere e sparare bufale” in virtù della libertà di pensiero e di cronaca. Fino a qui non c’erano ancora i social e neanche gli strumenti di massa, incontrollabili per accedervi. Un bel giorno ecco un altro grande salto dell’evoluzione, e in pochissimo tempo (senza la possibilità di un cosciente e consapevole adattamento di massa), arrivare i social disponibili a tutti, internet veloce e addirittura portatile, onnipresente e onniaccessibile. Una rivoluzione alla quale la capacità di gestione dei discendenti dell’Uomo di Neanderthal, dell’Homo Sapiens e Siculo Piteco, evidentemente non ha saputo reagire razionalmente. Senza fare paragoni troppo stretti di “statura” etico e morali, avreste mai immaginato la consorte di Giulio Andreotti (Livia Danese) creare un falso profilo facebook per aiutare il marito contro i suoi oppositori? La signora Livia si sarebbe mai fatta fotografare nel concorso Calippo per sponsorizzare il suo Giulio? A parte tutto ciò che ha più del ridicolo che del serioso (pur avendo un seguito smisurato), ieri ho assistito al confronto del “nostro” Presidente del Consiglio sulle ragioni del voto referendario in contrapposizione ai suoi oppositori. Tale “premier” non è nelle mie spontanee simpatie e ciò vuole che quando parla la mia spontanea riluttanza personale, mi porta a distrarmi per non ascoltarlo con attenzione (autodifesa da stress indesiderato), ma ascoltando tanti suoi commentatori illustri, l’ho sempre sentito descritto come un grande comunicatore. Ieri sera, nel confronto televisivo, ho avuto modo di osservarlo e ascoltarlo con inedita attenzione (non per merito suo, ma per la capacità espositiva dei suoi oppositori con cui era costretto a confrontarsi), ho scoperto un omuncolo di scarsissima capacità dialettica, scomposto, inadeguato, fazioso e spocchioso, privo di carisma e di concrete argomentazioni valide e credibili. Sostanzialmente ha confermato ogni mia spontanea antipatia e impressione di inadeguatezza. Ma la domanda è un’altra: di cosa è fatta la comunicazione di oggi? Tale elemento che a mio giudizio non dice nulla di convincente, credibile e carismatico dal vivo in contraddittorio, è figlio dei Twitter a 140 caratteri? Tanti facili follower? Post condivisi da qualche migliaio di irrisori (percentualmente) sostenitori? Questa è la politica di governo del terzo millennio, fatta di Calippo, Fake e Twitter?

P.S. A Bologna c’è una signora di ’80 anni che dorme su il tram che fa servizio notturno, perchè è senza casa…

You may also like...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *