Sanità. Liste d’attesa troppo lunghe? Direttori inadempienti rimossi.

di Redazione. Liste d’attesa lunghe una vita per un accertamento diagnostico o una visita specialistica che non arriva mai, col rischio che quando arriva la chiamata del Cup sia ormai troppo tardi. O perché il malato ha preferito rivolgersi alle strutture private o, peggio ancora, perché non ce l’ha fatta ad arrivare vivo all’appuntamento!
E allora per tentare di sanare questa situazione a dir poco scandalosa arriva in soccorso dei pazienti il nuovo PNGLA (Piano Nazionale per il Governo delle Liste d’Attesa) predisposto dal Ministero della Salute e presentato in Conferenza Stato Regioni: Direttori Generali rimossi se non garantiscono visite ed esami medici entro il tempo massimo previsto, gestione trasparente delle prenotazioni da parte delle strutture, un osservatorio nazionale sulle liste d’attesa di cui faranno parte anche i cittadini e la riduzione dei tempi massimi previsti per ottenere le prestazioni non urgenti. Fantascienza? Chi vivrà vedrà.
Il nuovo PNGLA 2019-21, si legge, “nasce con l’obiettivo prioritario di avvicinare ulteriormente la sanità pubblica ai cittadini”. Come il precedente, individua l’elenco di prestazioni ed esami diagnostici soggetti al monitoraggio e prevede il rispetto, da parte delle Regioni, dei tempi massimi di attesa per ciascuno.
Conferma le 4 classi di priorità da indicare nelle prenotazioni di specialistica ambulatoriale (dalla più alla meno urgente), ma riduce il limite massimo per quelle a priorità programmata (non urgenti) da 180 giorni a 120.
Netta la bocciatura che arriva da parte dei medici al nuovo Piano: “Una fiera dell’ipocrisia”, che non risolve il problema, ovvero la mancanza di personale, di tecnologie e di organizzazione. Le critiche prendono di mira l’ipotesi, prevista nel nuovo PNGLA, di un blocco delle prestazioni in intramoenia in caso di criticità, ovvero di prolungamento dell’attesa entro i tempi massimi previsti: per i medici si tratta di un attacco nei loro confronti e nei confronti dell’attività da loro espletata fuori dall’orario di lavoro, privatamente, nella propria struttura sanitaria.
“Regioni e Governo – commenta Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao Assomed – si autoassolvono dalla responsabilità politica e gestionale del mantenimento e dell’allungamento delle attese, sempre più lunghe, per le prestazioni sanitarie indicando nei medici dipendenti il capro espiatorio ideale, e nella loro attività libero professionale intramoenia la causa da rimuovere nel caso, non improbabile, che non si rispetti il piano delle illusioni che hanno stilato”. Il nodo, aggiunge Palermo, è che si pretende di “definire la tempistica per le prestazioni a prescindere dalle risorse disponibili”.
PS. UN MEDICO DEL SSN DEVE ESSERE RETRIBUITO IN MANIERA ADEGUATA, TANTO QUANTO BASTA A VIETARGLI L’ATTIVITà PRIVATA. Ma come sempre le soluzioni più semplici – in questo grande paese – sono sempre le più difficili da mettere in pratica. Occorrono più medici e infermieri, più strutture e mezzi. Ma soprattutto occorre ‘pagare’ meglio il personale medico e paramedico del servizio sanitario nazionale, che deve essere più presente in corsia, negli ambulatori e in sala operatoria, vietando tassativamente ogni forma di esercizio dell’attività privata, sia fuori che dentro le strutture pubbliche.
Insomma, “Caro Medico, io Stato, ovvero io cittadino, ti pago il doppio del tuo attuale stipendio, in linea con le retribuzioni europee, ma poi mi devi curare, in ospedale e non nella tua clinica privata!”.

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