Rosa e perverso: dal Messico la provocazione contro il muro anti-immigrati di Donald Trump.

di Stefania Elena Carnemolla. Corsa per la Casa Bianca, mentre si scaldano gli ultimi motori, il candidato conservatore Donald Trump, nel cui programma c’è la costruzione di un muro “impenetrabile, imponente e bello” fra Stati Uniti e Messico per contrastare l’immigrazione, continua a sperare. L’idea del muro piace ai suoi sostenitori. L’idea di violare il territorio con colate di cemento è ai loro occhi maschia e virile,
nel secolo dove muri e fili spinati sono ancora il sogno di molti. Se il progetto del muro di Trump ha scatenato con vignette e fotomontaggi non poche ironie, in Messico lo studio di architettura e design Estudio 3.14 di Guadalajara ha lanciato una provocazione, immaginando il muro, denunciandone l’impatto, in particolare, su paesaggio e spazio urbano: “Come architetti e designer abbiamo la capacità di immaginare e interpretare ciò che dice Trump”, perché solo mostrando ciò che c’è nella sua mente è possibile aiutare il pubblico a “valutare le sue parole e la perversità della sua proposta”. La provocazione è anche nel colore, rosa caldo: “Visto che Trump vuole un bel muro, ci siamo rivolti al lavoro del più famoso architetto messicano nel mondo, Luis Barragán, che con la bellezza dei suoi muri ha conseguito il premio Pritzker e reinventato l’architettura messicana”. Il rosa di Barragán e la teoria del Continous Monument di Superstudio, il tutto per un muro che attraversa città, montagne, specchi d’acqua, deserto, invadendo gli spazi, soffocandoli. Un esempio: poiché gran parte del confine tra Stati Uniti e Messico attraversa le terre, pubbliche, dei parchi nazionali, il muro di Trump potrebbe avere un “impatto devastante” sull’ambiente, così come sulla vita del fiume Colorado e del Rio Grande. Il team messicano spera, pertanto, nel mostrare al pubblico l’impossibilità di un simile progetto, di smascherare le promesse elettorali del tycoon americano. Un muro nemico dell’ambiente e specchio del rapporto perverso fra disciplina architettonica e megalomania con l’idea “macabra” di Trump di farne un luogo per la detenzione di 11 milioni di persone con muro e prigione dove alloggiare gli spazi per la sicurezza, l’amministrazione, le aree di salute, nonché fabbriche tessili dove “impiegare” i detenuti giorno e notte, costringendoli anche alla manuntenzione del muro. Un luogo dove indottrinare, deportare, sfruttare. La provocazione dello studio messicano è pertanto un’accusa di ciò che potrebbe accadere all’ambiente e con l’ambiente ai diritti dell’uomo.

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