Riforma PA: le nozze coi fichi secchi!

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La Riforma della P.A. del governo Renzi ha tutto il sapore di chi pretende di fare le nozze coi fichi secchi! Nel testo licenziato dal governo di tutto si parla tranne che di rinnovare i contratti del pubblico impiego, fermi dal lontano dicembre del 2009 ed erosi nel loro potere d’acquisto dall’inflazione! Eppure il rinnovo dei contratti costituisce il presupposto di buon funzionamento degli Uffici Statali e di efficientamento dei Servizi Pubblici. Per quanto poi concerne la mobilità dei dipendenti da un’amministrazione pubblica all’altra, sono state messe a punto delle “Tabelle di equiparazione” che dovrebbero permettere di inquadrare il lavoratore nella nuova amministrazione con una retribuzione il più possibile vicina a quella di provenienza.
Peccato che in dette “Tabelle” non risultino le retribuzioni dei dipendenti di Camera, Senato, Quirinale e via discorrendo dove gli stipendi sono di gran lunga superiori a quelli di un comune travet!
Una dimenticanza? Un certo pudore nel nascondere a chi a parità di livello, anzianità e titolo di studio percepisce una retribuzione dieci volte inferiore a quella di un pari grado al Quirinale? Oppure un’ammissione di colpa per il fatto che certi posti sono riservati soltanto a coloro che hanno un Santo in Paradiso? Nel frattempo, però la commissione Affari Costituzionali del Senato (ma non era stato abolito da Renzi?) ha dato l’ok alla riforma della Pubblica Amministrazione.
Tra le novità più rilevanti del Dpcm, la mobilità, la stretta sulle assenze nella P.a., la scure sulle società partecipate, la possibilità di decadenza per i dirigenti privi di incarico, l’abolizione della doppia fascia di manager, con massima durata degli incarichi a tre anni, il superamento degli automatismi nel percorso di carriera, che dipenderà dalla valutazione, ovvero dal merito.
Si tratta del secondo “stralcio” della riforma dei pubblici uffici, iniziati quasi un anno fa con il decreto con le misure più urgenti e, ora, arrivato al varo della legge delega sulle questioni più generali. L’esame proseguirà mercoledì prossimo, 8 aprile. Il sì di Palazzo Madama arriverà quindi dopo Pasqua, ma siamo solo alla prima lettura.
Il Governo ha comunque sempre ribadito l’intenzione di chiudere tutto prima dell’estate. E’ stato comunque approvato  l’ultimo capitolo, il più caldo, quello della riforma della dirigenza, con la licenziabilità, la mobilità, il ruolo unico, il limite a tempi e rinnovi per gli incarichi, la doppia prova per l’accesso (concorso ed esame), il superamento degli automatismi di carriera.
Pa, dirigenti licenziabili: senza incarico decadono. I dirigenti privi di incarico vengono collocati in disponibilità e passato un certo periodo, da definire, decadono dal ruolo unico. Il punto, che in sostanza rende licenziabile il dirigente, ha avuto l’ok della commissione Affari Costituzionali del Senato.
Al via ruolo unico dirigenti. La dirigenza sarà articolata in ruoli unificati, con piena mobilità. La riforma prevede anche l’eliminazione della distinzione in due fasce. Inoltre, viene stabilito, gli incarichi dirigenziali avranno una durata di tre anni, rinnovabili una sola volta senza ripassare per un bando e una selezione. Oltre al concorso per diventare dirigenti a tempo indeterminato sarà necessario anche superare un altro esame, dopo i primi anni di servizio.
Niente più automatismi per carriere dirigenti. Un emendamento del relatore alla delega Pa sancisce il “superamento degli automatismi nel percorso di carriera”, che dipenderà dalla “valutazione”, ovvero dal merito. Viene ribadita la definizione di limiti assoluti per il trattamento economico complessivo.
Segretari comunali aboliti, ma ‘fase ponte’ 3 anni. Previsto il mantenimento della funzione relativa al controllo di legalità, ma superando la figura del segretario comunale e provinciale, che confluirà nel ruolo unico della dirigenza pubblica. Ci sarà però una fase ponte, per cui in sede di prima applicazione, per tre anni, le funzioni in questione verranno affidate ai dirigenti del ruolo unico provenienti dall’albo dei segretari comunali.
Ok al taglio delle Camere di Commercio. Approvato l’emendamento che sancisce la riduzione delle Camere di Commercio da 105 a 60. La proposta di modifica approvata prevede la “riduzione” delle Camere di commercio “mediante accorpamento”. La soglia dimensionale minima dovrà essere di 80.000 imprese iscritte nel registro.
Sì alla norma “taglia-decreti”. Con un altro emendamento, sempre proposto dal relatore, si è introdotto nel testo del ddl l’articolo 15 bis, che delega il Governo a modificare e abrogare le disposizioni di legge che prevedono l’adozione di provvedimenti attuativi. L’obiettivo è duplice: semplificare il sistema normativo e i procedimenti amministrativi e dare “maggiore impulso al processo di attuazione delle leggi”. In pratica l’Esecutivo, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro per le Riforme, potrà eliminare una o più disposizioni legislative “che prevedano provvedimenti non legislativi di attuazione, entrate in vigore dopo il 31 dicembre 2011”. La sforbiciata tocca decreti ministeriali, dpcm e regolamenti, mentre restano esclusi i decreti legislativi.
Al via il riordino dei servizi pubblici locali. È stato inoltre approvato l’emendamento che dà il via libera al riordino dei servizi pubblici locali. Tra le novità la previsione di incentivi agli enti locali che accorpano le attività e che “privatizzano, o meglio cedono il controllo a privati”. Si apre anche a una ricognizione per eliminare regimi di esclusività non giustificati e contrari alla concorrenza.

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