Riforma lampo del mercato del lavoro.

Di abolire l’articolo 18 non se ne parla proprio! Messa da parte, almeno per il momento, la patata bollente dei licenziamente facili, il nodo fra esecutivo e sindacati rimane quello delle risorse da destinare alla riforma degli ammortizzatori sociali. Reperire i denari necessari per il fabbisogno resta ancora un problema tutto da risolvere. Comunque sia, anche senza il becco di un quattrino, l’argomento del giorno riguarda incentivi di mobilità, disoccupazione per apprendisti, una tantum per i co.co.pro e altre indennità che si applicheranno, secondo il piano del governo, a tutti i lavoratori dipendenti privati e a quelli pubblici con contratto non a tempo indeterminato. I requisiti per accedere agli ammortizzatori prevedono due anni di anzianità assicurativa e almeno 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio. La durata sarà di 12 mesi, 15 per i lavoratori sopra i 58 anni. L’importo massimo sarà di circa 1.119 euro con l’abbattimento delle indennità del 15% dopo i primi sei mesi e un ulteriore 15% di abbattimento dopo altri sei mesi. L’assicurazione sociale per l’impiego sostituirà le attuali indennità di mobilità e, comunque, ingloberà tutto ciò che non è cassa integrazione. L’Aspi, Assicurazione sociale per l’impiego, diventerebbe in pratica la nuova indennità di disoccupazione sostituendo le tutele attuali, compresa la mobilità. Rimarranno la cassa integrazione ordinaria e quella straordinaria, che scomparirà solo per i casi di cessazioni di attività. È questo l’impianto dei nuovi ammortizzatori sociali che il governo ha illustrato alle parti sociali annunciando che quella appena iniziata è la settimana decisiva per la definizione dell’accordo sulla riforma del mercato del lavoro: si chiude entro il 23 marzo. Chi c’è c’è, chi non c’è… pazienza! Il governo spinge, ha fretta di concludere entro fine marzo e accelera sulla riforma degli ammortizzatori sociali dicendo di volerne anticipare l’entrata a regime dal 2015 inizialmente ipotizzato al 2017. Frenano le parti sociali. I sindacati che, accusano l’esecutivo di aver avanzato una proposta di accelerazione del nuovo sistema per sostituire la mobilità con la disoccupazione. Per le parti sociali questo equivale a dire che una parte consistente dei lavoratori avrebbe una riduzione delle coperture nel tempo e nessun vantaggio per l’indennità economica. Confindustria che sollecita il ministro del Welfare a rivedere i tempi per l’entrata in vigore a regime dei nuovi ammortizzatori perché le aziende hanno bisogno di più tempo per gestire i processi di ristrutturazione legati alla crisi economica. Intanto che i lavoratori aspettano che ‘altri’ decidano sulla loro pelle, ecco gli argomenti sul tavolo della trattativa:
CONTRATTI. Unico o no, l’intenzione è quella di ridurre drasticamente le tipologie contrattuali esistenti (46, secondo la Cgil). Con la riforma i contratti a termine costeranno di più (l’aliquota sarà dell’1,4%), in modo da scoraggiare le aziende a sfruttare tale tipologia contrattualistica a favore invece dei contratti di apprendistato, per i quali sono invece previsti contributi nulli o comunque bassissimi. Durante l’apprendistato il lavoratore non potrà essere licenziato se non per giustificato motivo e dovrà ricevere una formazione certificata. Al termine dell’apprendistato l’azienda potrà decidere se stabilizzare il lavoratore con un contratto a tempo indeterminato o se terminare il rapporto di lavoro.
AMMORTIZZATORI SOCIALI. Nasce l’Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi). Sostituisce le attuali indennità di mobilità, incentivi di mobilità, disoccupazione per apprendisti, una tantum cocopro e altre indennità. Lo strumento si applicherà a tutti i lavoratori dipendenti privati e ai lavoratori pubblici con contratto non a tempo indeterminato. I requisiti per accedervi prevedono 2 anni di anzianità assicurativa e almeno 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio. La durata sarà di 12 mesi, che salgono a 15 per i lavoratori sopra i 58 anni. L’importo massimo sarà di circa 1.119 euro con l’abbattimento delle indennità del 15%dopo i primi sei mesi e un ulteriore 15% di abbattimento dopo altri sei mesi. I nuovi ammortizzatori sociali verranno introdotti già da quest’anno e andranno a regime nel 2015 e non nel 2017 come era stato detto in precedenza.La cassa integrazione straordinaria dovrebbe rimanere.
LICENZIAMENTI E ARTICOLO 18. Uno dei capitoli più spinosi della riforma riguarda la disciplina prevista per i licenziamenti. Il capitolo è ancora aperto anche se l’ipotesi più accreditata è che l’articolo 18 nella formula attualmente in vigore venga limitato. Sarà applicato solo a tutela dei licenziamenti discriminatori, ma non per i licenziamenti economici o per motivi disciplinari. In questi ultimi casi il lavoratore riceverebbe un indennizzo economico proporzionale all’anzianità di servizio ma scomparirà l’obbligo di reintegro in azienda. Proposte diverse vengono fatte da Cisl, che vorrebbe limitare il reintegro ai licenziamenti per motivi economici ma non disciplinari. Le nuove regole sui licenziamenti si applicheranno inizialmente ai nuovi assunti ma non è escluso che dopo un paio d’anni siano estese a tutti.

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