Ridateci la Lira!

L’euro è stata una fregatura. La più grande “sola” del XXI secolo, assieme allo spread e al debito pubblico, per tutti gli italiani e in special modo per lavoratori dipendenti e pensionati, ovvero per quella stragrande maggioranza di cittadini che non impongono da soli il prezzo delle proprie prestazioni – come dentisti, meccanici e commercianti – ma che sono soggetti a contratti stipulati tra datore di lavoro e sindacati e a indici di rivalutazione e che non hanno modo di evadere il fisco in nessun modo, e non perché più onesti o più bravi di tutti gli altri, ma solo perché tassati alla fonte.
Non c’è di che stupirsi, allora, se gran parte degli italiani sono insoddisfatti dell’euro e in molti vorrebbero tornare alla vecchia e cara liretta, al di là degli anatemi lanciati dai vecchi tromboni: “dall’euro non si torna indietro!!!”, “la divisa europea è irreversibile come la morte”, “tornare alla lira provocherebbe una sciagura tale da mandarci in malora”, come se adesso navigassimo tutti nell’oro.
Il rapporto Acri-Ipsos 2013 parla chiaro:Ancora oggi 3 italiani su 4 ritengono che per tornare ai livelli pre-crisi ci vogliano 4 anni, e le difficoltà hanno portato verso nuovi equilibri sul fronte dei consumi, ormai normalizzati in un livello inferiore. Le famiglie colpite dalla crisi sono il 30%, con un incremento di 4 punti percentuali rispetto al 2012. Tra coloro che si sono trovati in maggiore difficoltà quest’anno ci sono i lavoratori direttivi, L’elemento più importante che emerge dalla rilevazione 2013 è invece che, sia pur di poco, cresce la percentuale di Italiani che negli ultimi dodici mesi sono riusciti a risparmiare (passando dal 28% del 2012 al 29%), mentre scendono le famiglie in saldo negativo, dal 31% al 30%. Il 90% degli Italiani ritiene che nella crisi il risparmio sia stato un fondamentale ammortizzatore sociale. Si è rafforzata la consapevolezza dell’importanza del risparmio, strumento funzionale allo sviluppo dell’economia reale piuttosto che alla finanza: Il 61% degli Italiani ritiene che il risparmio sia fondamentale per dare la possibilità alle imprese di assumere. Il settore bancario deve svolgere primariamente il ruolo di intermediario tra risparmio dei cittadini e finanziamento delle imprese italiane. Sempre elevata è la preferenza degli Italiani per la liquidità. Se anziché di investimenti effettuati si parla di investimento ideale, continua il crollo del ‘mattone’; aumenta al contempo il numero di coloro che reputano ideale di investire negli strumenti ritenuti più sicuri. Continua a crescere la fiducia sulle prospettive future dell’economia europea e nell’economia mondiale, mentre diminuisce quella nel Paese e nel proprio futuro. Al contempo cala sempre di più la fiducia nell’Unione Europea sull’Euro. Gli elementi cardine per una nazione che voglia progredire siano primariamente il senso civico, la scuola, l’università e la ricerca scientifica ma anche un sistema giuridico efficace con leggi chiare”.
Sempre restando ai dati Acri-Ipsos, percentuali alla mano, diminuisce il numero di coloro che sono convinti che essere ancora nella moneta unica tra 20 anni sarebbe un vantaggio: scendono dal 57% al 47%; crescono invece dal 28% al 39% coloro che pensano sarebbe uno svantaggio. Del resto è proprio grazie alla valuta comunitaria che le cose costano il doppio e le buste paga sono sempre più leggere.
L’euro per l’Italia e per gli italiani che campano di busta paga e assegno previdenziale è stata una vera e propria iattura! La gente si è accorta quasi subito di aver preso una grossa fregatura: un paio di scarpe che costava, poniamo, 100mila lire, dopo poche settimane (o qualche mese) bisognava pagarlo 100 euro. Non proprio un affare, a fronte di stipendi e pensioni che da 2milioni di lire sono stati dimezzati a 1000 e rotti centesimi di euro!
Non vogliamo addentrarci in questioni tecniche, compito che lasciamo volentieri agli esperti o presunti tali. Limitiamoci a considerazioni più terra, terra. Le aziende, i lavoratori e i pensionati percepiscono che tutto aumenta, tranne le buste paga e le pensioni. Colpa dell’euro? Fatti i conti della serva, sembrerebbe proprio di sì!

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