Recovery Fund. Anziché cambiare registro e risparmiare, ci dedichiamo alla questua. Facciamo pena.

di Vittorio Feltri. È un dato di fatto che l’Europa ci abbia disgustato, basti pensare ai danni che la moneta unica ha arrecato. Esemplifico.

Se all’inizio del 2000 con 500 milioni compravi un discreto appartamento a Milano, adesso lo stesso immobile costa 700 mila euro. Quasi il triplo.

Ogni acquisto ora è assai più caro di una volta. Le tasche degli italiani sono quindi state messe a dura prova. Evidentemente i nostri governanti, accettando le condizioni capestro della Ue, hanno messo nei guai il Paese. Chi non è d’accordo con questa tesi oggettiva dimostri il suo contrario, cifre alla mano.

Oggi tuttavia vedo che l’esecutivo continua a sbagliare anziché correggere gli errori del passato. Certamente il Covid ci ha penalizzati in modo grave, però ciò non giustifica il fatto che noi si vada in giro a chiedere l’elemosina, ignorando le obiezioni rivolteci dalle nazioni frugali ovvero quelle che, a differenza della nostra, non spendono più soldi di quanti ne incassino.

Non sarebbe meglio che imparassimo da loro ad amministrarci onde essere finanziariamente autonomi? Non servirebbe molto. Forse basterebbe evitare determinati sperperi: il reddito di cittadinanza distribuito a cani e porci, la confusione fra previdenza e assistenza, ridurre la dittatura del timbro (leggi burocrazia), adottare un sistema fiscale meno dispersivo e inefficiente, concedere autonomia alle regioni e se una di esse non ce la fa si arrangi. Insomma sarebbe sufficiente che lo Stato facesse proprie le regole dei cittadini, i quali sono i più ricchi del Continente, avendo depositi bancari esorbitanti, tra i più cospicui del mondo.

Purtroppo la politica, invece, non si preoccupa del benessere del popolo, pensa piuttosto alle prossime elezioni e cerca di procacciarsi consensi elargendo benefici a varie categorie.

La dimostrazione che il nostro ragionamento non è campato in aria risiede nell’articolo odierno di Antonio Socci pubblicato qui in prima pagina, nel quale si racconta la verità: il bilancio della patria da trenta anni si chiude in attivo. Significa che i suoi conti sono buoni, anzi ottimi, e che i lavoratori fanno il loro dovere meglio di tanti colleghi europei.

Perché allora siamo in brache di tela?

Semplice. Nei decenni abbiamo accumulato per autentica stupidità un debito mostruoso che non potevamo permetterci, ciò comporta l’esborso di interessi che mandano in rosso il saldo. Siamo bravi a produrre ricchezza ma siamo cretini nel distribuirla e di conseguenza costretti ad accedere a un credito oneroso.

La colpa non può essere addossata solo a Conte, che pure non ci piace neanche in fotografia, bensì a ogni Gabinetto che l’ha preceduto. Da quelli di sinistra a quelli di destra: tutti hanno scialacquato. E adesso, anziché cambiare registro e risparmiare, ci dedichiamo alla questua. Facciamo pena.

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