Quando il web uccide.

di Enrico Maria Secci. Tiziana Cantone, 31 anni, si è tolta la vita dopo un calvario di insulti sui social network. Non ha retto alla violenza incontrollabile e alla morbosità spietata suscitate da video hard privati diffusi sul web. Tiziana non ha sopportato l’umiliazione, il dileggio e la volgarità che l’hanno travolta e lasciata indifesa davanti alla pubblica gogna. Dopo anni di vessazioni, la ragazza di Napoli ha preferito la morte alla lapidazione quotidiana da parte di pervertiti digitali, analfabeti funzionali e “webeti” mimetizzati dietro il loro avatarpiccoli nelle loro vite inconsistenti come i pixel in cui si nascondono. Quello di Tiziana Cantone non è un suicidio, ma uno sbranamento collettivo, un omicidio per tortura che resterà impunito, perché la cyber-violenza dei nostri tempi è un crimine ignorato dalla macchina giuridica ingolfata da faldoni cartacei, impantanata su questioni ataviche e arrugginita dall’apatia burocratica con cui, soprattutto in Italia, si considerano le violenze psicologiche e morali. Pare che la vittima sia stata condannata al pagamento di 20.000 euro di spese legali nei confronti di siti Internet giudicati innocenti pur avendo sfruttato senza il suo consenso i video che la ritraevano. Solo oggi, dopo il suicidio, è avvenuto ciò che Tiziana implorava: la cancellazione di migliaia di pagine, commenti, profili che infierivano su di lei, senza filtri. Vigliacchi e codardi si sono vaporizzati in un click, come killer silenziosi certi di farla franca. Quello di Tiziana Cantone è un assassinio di massa, un omicidio in rete che dovrebbe risvegliare l’attenzione pubblica sui pericoli dei social network. Stiamo assistendo alla moltiplicazione di casi di cyber-bullismo e persecuzione sui social e all’aumento preoccupante tra gli adolescenti della moda del sexting, lo scambio di autoscatti erotici o pornografici. I due fenomeni sono collegati e dipendono dalla scarsa consapevolezza nell’uso dei social-network e la sostanziale indifferenza psico-educativa con cui si consegnano i ragazzi al mondo di Internet. Il caso di Tiziana non è un’eccezione, purtroppo, perché i suicidi dovuti a molestie e abusi morali su Internet sono in aumento e rappresentano la punta di un iceberg rispetto alla moltitudine di aggressioni e vessazioni online mai denunciate per debolezza, vergogna e impotenza. La mia speranza è che il martirio di Tiziana risvegli la coscienza delle istituzioni, delle scuole e delle famiglie, e sensibilizzi tutti verso i pericoli di un’uso scriteriato e inconsapevole dei social e allerti le agenzie preposte alla tutela della privacy e della sicurezza informatiche affinché possano dotarsi di dispositivi giuridici ed esecutivi realmente efficienti.

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