Prudenza, sì, ma la paura può fare anche più danni del virus.

di Paolo Cirino Pomicino. L’economia italiana già in forte stagnazione da oltre sei mesi (già l’ultimo trimestre del 2019 registrava una contrazione del Pil dello 0,3%) rischia oggi di andare in recessione e non per colpa del coronavirus.

Non c’è dubbio che la epidemia che ha colpito parte dei territori di tre regioni che insieme producono il 50% del Pil una incidenza negativa sulla crescita l’avrà ma il tema è che questo danno colpisce un paese che da oltre 25 anni è tra gli ultimi in Europa per tasso di crescita ed ha il secondo debito pubblico del mondo per due terzi prodotto dal 1995 al 2019.

Lo stesso ministro Gualtieri in una lunga intervista dice che dopo il decreto per i primi provvedimenti a favore dei territori colpiti dai focolai contagiosi costato 900 milioni ve ne sarà un altro per circa 3,6 miliardi aggiuntivi a favore dei settori produttivi che più hanno sofferto per l’epidemia in corso. Per questo nuovo provvedimento, sempre secondo il nostro autorevole ministro dell’economia, l’Europa certamente darà il consenso.

La domanda che ci angoscia è allora un’altra. Un bilancio pubblico vicino ai 900 miliardi di euro è talmente rigido da non avere la possibilità di trasferire poco più di 3 miliardi verso misure eccezionali e non previste, cioè lo 0,2 di un punto di Pil. Se mettete insieme questa rigidità del bilancio pubblico, l’alto indebitamento e oggi la bassissima crescita e domani probabilmente la recessione vedete venir fuori una miscela che ad ogni spiffero di vento negativo esploderà impoverendo ancora di più larga parte del paese.

Di questo stato di cose maggioranza e governo sembra non abbiano avvertenza tanto che nella ultima legge di bilancio la spesa in conto capitale non raggiunge neanche tre punti di Pil, due punti in meno di quel che avveniva trenta anni fa quando l’Italia cresceva di oltre due punti reali all’anno.

Questo stato di cose più o meno simile si trascina dal 1995 per cui il paese ha avuto in questi 25 anni oltre 900 miliardi in meno di investimenti pubblici per cui non solo non si è sostenuto la crescita ma l’intero paese nei suoi asset fondamentali non è stato neanche compiutamente manutenuto, dal sistema ferroviario all’assetto idrogeologico del territorio tanto per ricordare solo due dei settori fondamentali dello Stato nazionale.

Certo, con l’arrivo del contagio del coronavirus e con la frenata della crescita mondiale un Italia già così sofferente non potrà che veder peggiorare la propria situazione senza che alcuna forza politica abbia in mente una manovra di finanza straordinaria capace non solo di sostenere l’impatto da contagio ma di mettere finalmente in moto una crescita senza della quale il declino lentamente si consolida fino a diventare difficilmente reversibile.

Una manovra di finanza straordinaria cui partecipino tutti per il bene di tutti e senza che la vita di tutti abbia a soffrire, anzi. Sembrerebbe il cubo di Rubik ed invece se la politica torna ad essere la guida del paese la cosa è possibile chiamando a questo sforzo anche la ricchezza nazionale finanziariamente forte di 4200 miliardi di euro. Noi non immaginiamo neanche lontanamente una patrimoniale che è sempre recessiva e che in queste condizioni sarebbe addirittura devastante. La ricchezza nazionale però sa che se concorrerà a salvare il paese salverà anche se stessa ed i modi di questo comune sforzo sono innumerevoli e dovranno essere sempre condivisi.

L’alternativa, diversamente, sarà quel che vediamo da tanti anni nelle leggi di bilancio, un po’ di deficit in più qualche taglio qua e là, una riduzione nella spesa in conto capitale non solo in termini di competenza ma più ancora in termini di cassa visto che i tanti cantieri non si aprono o si bloccano per le ragioni più diverse e il paese degrada. Noi non abbiamo la ricetta concreta e completa in tasca ma sappiamo che questa è la strada non solo per fronteggiare eventi eccezionali ma per ridare dignità e serenità ad un paese che le merita.

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