Prezzi alle stelle, salari fermi nelle stalle dal 1983!!!

Prima l’euro che ha di fatto dimezzato stipendi e pensioni percepiti con le vecchie Lire, poi le politiche economiche scellerate che hanno lasciato che i mercati impazzissero raddoppiando il prezzo dei beni di prima necessità, infine il governo tecnico delle tasse che ha succhiato con l’Imu le ultime gocce di sangue portando a termine il grande salasso a scapito dei “soliti noti”! Piccole e medie aziende che chiudono i battenti: è un disastro! La cura Monti ha fallito, ma “loro” insistono candidandosi alla guida del prossimo governo: è accanimento terapeutico!!! Mai così male dal 1983. L’Istat ha rilevato un aumento delle retribuzioni contrattuali orarie del 1,5% dal 2012, un dato così negativo risale a quasi 30 anni fa. Nella serie Istat sulle retribuzioni contrattuali orarie per l’intera economia, che riporta i valori medi annui dal 1983, mai si era registrato un livello così basso. Infatti il 2012 segna un incremento inferiore anche a quello del già ‘nero’ 2011, quando l’indice era salito dell’1,8%, il minimo dal 1999. Tornando al 2012, parlando del dato più basso dal 1983, ovvero da 29 anni quindi del record assoluto negativo, si deve tenere conto delle condizioni molto differenti che caratterizzavano gli anni Ottanta, con un’inflazione molto più alta, c’era ancora la Lira. Nella media del 2012 la forbice tra l’aumento delle retribuzioni contrattuali orarie (+1,5%) e l’inflazione (+3,0%), su base annua, è stata di 1,5 punti percentuali. Quindi la crescita dei prezzi è stata doppia rispetto a quella dei salari. Si tratta del divario maggiore, a sfavore delle retribuzioni, dal 1995. Le retribuzioni contrattuali orarie a dicembre restano quasi ferme rispetto a novembre, salendo solo dello 0,1%, mentre crescono dell’1,7% su base annua (dal +1,6% del mese precedente). Il dato tendenziale, il più alto dall’ottobre 2011 (terzo aumento consecutivo), nonostante la frenata dei prezzi, rimane sotto il livello d’inflazione (+2,3%), ma il divario si restringe a 0,6 punti percentuali (il gap era di 0,9 punti a novembre).

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