Povera patria, cantava Battiato! di Enzo Sanna

di Enzo Sanna. Povera patria, cantava Franco Battiato nel ’91. Uno dei versi recita: “Povera patria, schiacciata dagli abusi del potere di gente infame che non sa cos’è il pudore; si credono potenti e gli va bene quello che fanno, e tutto gli appartiene”.
Ditemi se non sembra scritta oggi, tra il frinire grillino, il flato leghista e il rigurgito renziano. E c’è ancora chi teorizza la fine delle “storiche” incorniciature di destra e sinistra! Ora è lampante: chi dà per avvenuto il superamento della distinzione destra-sinistra è in malafede oppure, nella migliore delle ipotesi, è un citrullo. I peggiori tra di loro sono i citrulli in malafede. Solo i più attenti tra gli osservatori della scena politica riescono a individuare costoro, spesso con difficoltà.
Certo, a sentire il filosofo neo-marxian-nazional-sovranistra-antieuro Diego Fusaro, sorge qualche dubbio circa le anzidette classificazioni, poiché si ha difficoltà a collocare il personaggio, divenuto oramai “aficionado” dei talk show delle varie reti TV quale sponsorizzatore del dissolvimento dell’antica inventariazione tra destra e sinistra, appunto. Se lo senti una prima volta e sei di sinistra quasi quasi lo apprezzi, se lo senti una seconda volta e sei di destra quasi quasi lo apprezzi, se lo senti una terza volta e sei sveglio ti viene da chiedergli: “Ma chi cavolo vuoi coglionare facendo vano sfoggio della tua erudizione?”. Provare per credere.
Intanto, scopriamo che il “nuovo” governo grillo-leghista si affida agli scommettitori, mica per sfruttare il gioco d’azzardo, ma per “puntare” su cifre paradossali. Pensate solo all’equilibrismo instabile del ministro Tria in missione a Bruxelles, indaffarato a giustificare l’ingiustificabile nel tentativo di far immaginare la sballata quadratura dei conti col ricorso al solito trucco dei dati “futuri”, tipo un Pil che diverrebbe stratosferico grazie agli strabilianti interventi governativi. Viene da domandarsi se l’uomo (ed economista) Tria non debba sentirsi pervaso da un briciolo d’amor proprio, visto che, per l’intanto, i conti stanno andando a ramengo. Ma loro i grillo-leghisti continuano a giocare d’azzardo: dieci miliardi a me e otto a te. No! Sette miliardi a te e sette a me. No! Nove miliardi a me e sette a te. Poi arriva il saccente di turno che si inventa addirittura i nove miliardi più uno. Cavoli! Ma nove più uno non fa dieci? Viene da domandarsi con quali “fiches” costoro stiano giocando, alla faccia di tutti noi.
D’altro canto, Salvini col suo reiterato “Me ne frego” di mussoliniana memoria e Di Maio con la comparsata al balcone di altrettanto benitiana rimembranza, raccontano da un lato la pochezza dei personaggi, dall’altro la loro pericolosità in una società manovrata da poteri esterni alle istituzioni. A qualche grillino che dovesse nutrire dubbi circa tale affermazione, si può convintamente rispondere di dare uno sguardo in casa propria prima di contestare. Per ora, Salvini suscita paura e offre vana sicurezza, ma sicura incertezza (altrimenti dove li va a prendere i voti?), altrettanto Di Maio suscita vane speranze nei disoccupati e giorno dopo giorno propone soluzioni sempre più a futura memoria.
Quando si scoprirà nei fatti che il “Reddito di Cittadinanza” verrà pagato dagli stessi poveri col taglio di oltre tredici miliardi di euro su sanità, scuola e mancate detrazioni fiscali su mutui, spese mediche, istruzione, eccetera, il gioco verrà scoperto. Dunque il reddito di cittadinanza grillino si svelerà per ciò che è in realtà: una semplice “partita di giro”. Cioè gli indigenti che prima potevano curarsi gratis, in futuro pagheranno le prestazioni mediche e specialistiche utilizzando la “tessera annonaria” concepita dal governo grillo-leghista, solo per dirne una.
Qui sta, checché se ne dica, la differenza tra destra e sinistra:
la destra quando ti dà t’imbroglia recuperando il “maltolto” con tanto d’interessi, rendendoti ancora più bisognoso, dunque più ricattabile;
la sinistra invece ti dà (meglio, ti dovrebbe dare, visti certi precedenti) togliendo a chi già ha, spesso a seguito dello sfruttamento, fatte salve le eccezioni.
Insomma, teorie economiche o meno, il concetto sta nella reale redistribuzione della ricchezza, non nell’imbroglio delle cifre.
Oscar Wilde diceva: “La pubblica opinione è un tentativo di organizzare l’ignoranza della gente, e di elevarla a dignità con la forza fisica”. Non vi sembra di riconoscerci il nocciolo delle teorie grilline elaborate dal centro di potere extra-parlamentare della “Casaleggio & C.”, nonché delle intemperanze leghiste? Non stupitevi se sentirete uno come Briatore plaudire alle politiche sociali ed economiche di questo governo. Sta nelle cose. Povera patria, cantava Battiato!

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