Pochi soldi alla scuola e il Ministro si dimette.

di Redazione. L’annuncio del ministro dell’Istruzione in una lettera a Conte. Il titolare del Miur aveva annunciato le dimissioni se non fossero arrivati 3 miliardi per il settore. Fin dal suo insediamento, proponeva la strategia delle micro-tasse di scopo per trovare fondi: quella su merendine e bibite zuccherate, ma anche quella “green” di un euro sui biglietti aerei. Ora potrebbe guidare un gruppo alla Camera a sostegno del premier.

Ecco la lettera integrale di Lorenzo Fioramonti:

“La sera del 23 dicembre, ho inviato al Presidente del Consiglio la lettera formale con cui rassegno le dimissioni da Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Mi sono ovviamente messo a completa disposizione per garantire una transizione efficace al vertice del Ministero, nei tempi opportuni per assicurare continuità operativa. Per rispetto istituzionale, avevo deciso di attendere qualche altro giorno prima di rendere pubblica la decisione, ma visto che ormai la notizia è stata filtrata ai media, mi sembra giusto parlare in prima persona.

Prima di prendere questa decisione, ho atteso il voto definitivo sulla Legge di Bilancio, in modo da non porre tale carico sulle spalle del Parlamento in un momento così delicato. Le ragioni sono da tempo e a tutti ben note: ho accettato il mio incarico con l’unico fine di invertire in modo radicale la tendenza che da decenni mette la scuola, la formazione superiore e la ricerca italiana in condizioni di forte sofferenza. Mi sono impegnato per rimettere l’istruzione – fondamentale per la sopravvivenza e per il futuro di ogni società – al centro del dibattito pubblico, sottolineando in ogni occasione quanto, senza adeguate risorse, fosse impossibile anche solo tamponare le emergenze che affliggono la scuola e l’università pubblica.

Non è stata una battaglia inutile e possiamo essere fieri di aver raggiunto risultati importanti: lo stop ai tagli, la rivalutazione degli stipendi degli insegnanti (insufficiente ma importante), la copertura delle borse di studio per tutti gli idonei, un approccio efficiente e partecipato per l’edilizia scolastica, il sostegno ad alcuni enti di ricerca che rischiavano di chiudere e, infine, l’introduzione dell’educazione allo sviluppo sostenibile in tutte le scuole (la prima nazione al mondo a farlo).

La verità, però, è che sarebbe servito più coraggio da parte del Governo per garantire quella “linea di galleggiamento” finanziaria di cui ho sempre parlato, soprattutto in un ambito così cruciale come l’università e la ricerca. Si tratta del vero motore del Paese, che costruisce il futuro di tutti noi. Pare che le risorse non si trovino mai quando si tratta della scuola e della ricerca, eppure si recuperano centinaia di milioni di euro in poche ore da destinare ad altre finalità quando c’è la volontà politica.

L’economia del XXI secolo si basa soprattutto sul capitale umano, sulla salvaguardia dell’ambiente e sulle nuove tecnologie; non riconoscere il ruolo cruciale della formazione e della ricerca equivale a voltare la testa dall’altra parte. Nessun Paese può più permetterselo. La perdita dei nostri talenti e la mancata valorizzazione delle eccellenze generano un’emorragia costante di conoscenza e competenze preziosissime, che finisce per contribuire alla crescita di altre nazioni, più lungimiranti della nostra. È questa la vera crisi economica italiana. Alcuni mi hanno criticato per non aver rimesso il mio mandato prima, visto che le risorse era improbabile che si trovassero. Ma io ho sempre chiarito che avrei lottato per ogni euro in più fino all’ultimo, tirando le somme solo dopo l’approvazione della Legge di Bilancio. Ora forse mi criticheranno perché, in coerenza con quanto promesso, ho avuto l’ardire di mantenere la parola.

Le dimissioni sono una scelta individuale, eppure vorrei che – sgomberato il campo dalla mia persona – non si perdesse l’occasione per riflettere sull’importanza della funzione che riconsegno nelle mani del Governo. Un Governo che può fare ancora molto e bene per il Paese se riuscirà a trovare il coraggio di cui abbiamo bisogno. Il tema non è mai stato “accontentare” le mie richieste, ma decidere che Paese vogliamo diventare, perché è nella scuola – su questo non vi è alcun dubbio – che si crea quello che saremo. Lo sapeva bene Piero Calamandrei quando scriveva che “se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento, della Magistratura, della Corte Costituzionale”.

Alle persone con cui ho lavorato, dentro e fuori dal Ministero, dalla viceministra e sottosegretari ai tanti docenti, sindacati, imprese e fino all’ultimo dei dipendenti, va tutto il mio ringraziamento per avermi accompagnato in questo percorso. Alle ragazze ed ai ragazzi che fanno vivere la scuola e l’università italiana chiedo di non dimenticare mai l’importanza dei luoghi che attraversano per formarsi, senza arrendersi alla politica del “non si può fare”.

Come diceva Gianni Rodari, dobbiamo imparare a fare le cose difficili. Perché a volte bisogna fare un passo indietro per farne due in avanti. Il mio impegno per la scuola e per le giovani generazioni non si ferma qui, ma continuerà – ancora più forte – come parlamentare della Repubblica Italiana.”

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7 Responses

  1. Gaetano Pedullà ha detto:

    Di maestri come Fioramonti possiamo fare sinceramente a meno!
    Come dare torto al parroco che ha celebrato i funerali di Gaia e Camilla, le sedicenni uccise pochi giorni fa nell’incidente stradale della movida romana: il senso della vita non è bere e fumarsela. Il punto è che quando si è giovani e si esce la sera a tutto si pensa tranne che al senso della vita. La caduta di molti vecchi tabù non illuda: rotta una gabbia se ne sono costruite molte altre, magari virtuali ma non per questo meno asfissianti, e i ragazzi vogliono prende la vita a morsi.

    Una dose di trasgressione è fisiologica anche se una disponibilità mai avuta così ampia di auto veloci, alcol e droghe rende necessario far capire più di prima che ci sono limiti. A chi tocca spiegare tutto questo? Alle famiglie, sicuramente, ma insieme a loro alla scuola e al sistema della cultura nel suo complesso. Quel sistema dove un ormai ex ministro continua a vantarsi di aver trasgredito alla prassi tutta italiana dei politici che minacciano le dimissioni e poi non le danno, e guardando al suo ombelico svela invece di non aver capito il senso della vita di chi gli ha dato un seggio in Parlamento e qualche mese di celebrità (perché tra breve del professor Lorenzo Fioramonti nessuno si ricorderà).

    La cultura in Italia ha pochi mezzi? Non è una novità. E andando a sbattere fuori strada non aumenteranno di certo. Così facendo si è dato però un altro colpo micidiale alla credibilità dei 5 Stelle e un vantaggio ai partiti che nelle scuole fanno da sempre tagli. Se pensiamo al ministro dell’Istruzione come al capo dei maestri, di maestri così possiamo fare sinceramente a meno.

  2. Andrea Z. ha detto:

    Il problema del mancato miliardo di ripristino dei finanziamenti precedenti, che è la ragione addotta per le dimissioni, è naturalmente un aspetto simbolico. Il punto non è che un miliardo supplementare avrebbe rovesciato le sorti della formazione pubblica nel nostro paese. Il punto è che una volta di più, come è accaduto praticamente senza eccezioni negli ultimi decenni, la pubblica istruzione è stata considerata un ambito marginale, minore, dove ‘fare cassa’ se necessario. E bene ha fatto il ministro a segnalarlo.

    I problemi della formazione pubblica in Italia sono colossali. Siamo il paese OCSE che ha colpito più duramente i finanziamenti di Scuola, Università e Ricerca dopo la crisi subprime, pur partendo già da uno standard di finanziamento basso.

    Decenni di ristrettezze economiche si sono accavallate con una miriade di “riforme a costo zero” con l’intento – drammaticamente imbecille – di rendere efficiente il sistema affamandolo.

    Questo è stato l’argomento costante in tutte le ‘riforme‘ che si sono succedute, il cui senso è sempre stato quello di ‘unire l’utile al dilettevole’, perseguendo il sogno cretino dei nostri ceti dirigenti: migliorare tagliando.

    La dinamica nella Pubblica Istruzione non è dissimile da quella che è stata applicata in altri ambiti, salvo che per la particolare intensità con cui si è preteso di ‘riformare’ il sistema.

    Si partiva dalla constatazione di problemi e carenze, per dire e dirsi che un sistema così problematico non meritava di essere senz’altro finanziato: prima bisognava ‘riformarlo’ e poi i finanziamenti sarebbero venuti, riversandoli su di un sistema finalmente virtuoso e funzionale.

    Ma naturalmente ogni ‘riforma a costo zero’ è di fatto un incremento di lavoro collaterale, di aggiornamento, di burocrazia che di fatto sottrae risorse alle finalità primarie dell’Istruzione. Perciò l’esito fatale di tutte le nostre ‘riforme’ (praticamente una a legislatura dal 1990) è sempre stata quello di peggiorare il servizio e demotivare la docenza.
    In attesa di incrementi del finanziamento mai pervenuti.

    Da tempo oramai scuole e università perdono una quantità colossale di tempo e risorse nel solo espletamento di una miriade di attività collaterali che dovrebbero servire sulla carta a migliorare il servizio, ma che in effetti si risolvono in una rincorsa a compiacere la burocrazia ministeriale per poter accedere a finanziamenti condizionali che permettano di sopravvivere.

    Si sono messi in piedi sistemi barocchi di rendicontazione di tutto, dai dettagli più meschini delle spese di cancelleria, o delle missioni, al tentativo di raggiungere ‘target’ farlocchi, parametri di ‘qualità’ che solo per un caso fortunato possono cogliere fenomeni reali; si passa il tempo a redigere rapporti preparatori, autovalutazioni, curricula ‘europei’, prospetti, resoconti di ogni attività svolta da amplificare in termini autoelogiativi, a inviare documentazioni, a svolgere statistiche incrociate, a sottoporre ‘prodotti’, a dispiegare ‘progetti’ che diano l’impressione di essere ‘dinamici e attrattivi’ e consentano di attingere a qualche mancia.

    In questa atmosfera delirante, studiare e insegnare sono divenuti sempre più aspetti marginali, alla cui coltivazione si può dedicare il tempo libero.

    Mettersi a fare qui un elenco dei problemi contemporanei del sistema dell’Istruzione pubblica è improponibile. Dai sistemi di selezione del personale, ai salari, alle infrastrutture cadenti, alla totale mancanza di prevedibilità delle cadenze concorsuali, ecc. ecc. bisognerebbe fare un’indagine conoscitiva sul campo prima anche solo di iniziare a immaginare modifiche di qualunque natura.

    Una cosa però è certa. Se si vuole arrestare il collasso del sistema della pubblica istruzione bisogna iniziare a fare due cose che sono l’esatto inverso di quanto è stato fatto finora: bisogna procedere ad una seria riduzione degli obblighi burocratici, ad una delegificazione e semplificazione che riconsegni risorse allo studio (inclusa la ricerca) e all’insegnamento; qui si possono mantenere alcune delle riforme fatte, dedicandosi a migliorarne l’implementazione, ma eliminando al contempo tutta una miriade di obblighi burocratici che non incidono in alcuna misura sul cuore dell’istruzione.
    E poi bisogna puramente e semplicemente rimettere del denaro in circolo, non nella forma di ‘sforzi eccezionali’ una tantum, ma in quella di un incremento, magari moderato, ma di cui si garantisce la permanenza nel tempo, in modo da consentire programmazioni sensate, uscendo dal perenne spirito di emergenza e ‘ultima spiaggia’.

  3. camillo p ha detto:

    Doveva restare per combattere hanno detto.
    Ma che cosa sono queste dimissioni, se non una forma di lotta.il tentativo disperato di fare della scuola una primaria questione politica?
    Ma non c’è niente da fare, le lobby dell’ignoranza e delle merendine,comandano in questo paese.Comandano i media e la politica, e trovano facilmente, servi pronti ad ubbidire, ad infangare una persona che ha avuto il torto di credere e di battersi per quello in cui crede.
    E allora , onore a Fioramonte non solo per la coerenza, ma anche per il coraggio di lasciare .
    Onore per la perseveranza nel resistere, mentre veniva insultato, schernito, lasciato solo e senza difesa dai suoi compagni di partito e dagli alleati.
    Onore perché era difficile e velleitario schierarsi contro le lobby.
    Ma il punto è che Paese vogliamo per noi e i nostri figli .
    Vogliamo scuola e ricerca in eterna crisi ?
    Vogliamo un’emorragia costante di conoscenza e competenze ?
    Possiamo permettercelo, mentre il capitale umano diventa il motore per lo sviluppo dell’economia,della civiltà,della democrazia?

  4. Paolo G. ha detto:

    Per mesi abbiamo criticato il ministro Fioramonti per tutte le idiozie che sparava, dal tassare le merendine a voler togliere il crocifisso dalle aule. Ma stavolta Fioramonti ha fatto una cosa splendida, che finalmente condividiamo, e per cui non possiamo che applaudirlo: si è dimesso!

  5. roberto c ha detto:

    Grazie a Babbo Natale per aver pensato ai nostri bambini mandando a casa con un sacco di carbone il pessimo ministro Fioramonti, uno dei peggiori ministri della storia repubblicana, quello che voleva tassare le merendine, quello che voleva togliere il crocifisso dalle aule perché non ci rappresenta. Grazie Babbo Natale per averlo fatto andare via, ora confidiamo nella Befana che magari nella calza ci farà trovare le dimissioni di tutto il Governo.

  6. Vincenzino ha detto:

    Se tutti fossero coerenti come il Ministro del Miur dimissionario al governo non ci resterebbe più nessuno: ricordate le promesse elettorali e il programma dei 5Stelle?????

  7. Giacomo-TO ha detto:

    RICERCA+INNOVAZIONE+SCUOLA:molto pericolose per la Casta. Complimenti al MINISTRO che ha saputo lasciare la poltrona:BRAVO 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂

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