Pianificare una Fase 2 anche per le carceri.

di Antonello Laiso. Ho letto e riletto, sul Mattino l’accorato appello lettera del garante dei detenuti di Napoli Pietro Ioia, che condivido in pieno.
Le parole in questo caso messe nero su bianco non possono che essere quello scuotimento di coscienze che benche’ per esigenze dovute di sicurezza sanitaria come per tutti, ha fatto si che venissero sospesi quei colloqui nelle carceri con i familiari  che per tutti i detenuti significano lo spiraglio di una  luce che rischiara tante volte  quel loro  buio perenne  dell’anima.
Attualmente, secondo le disposizioni normative e le circolari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, risultano sospesi i colloqui di persona con i familiari ed i prossimi congiunti. Il d.l. 8 marzo n. 11 ha previsto che i colloqui dei detenuti con i propri familiari e conviventi siano svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e o mediante corrispondenza telefonica, anche oltre i limiti previsti dalla legge.
La dignità di una Nazione si evidenzia sia nei suoi metodi di contrasto della criminalità, ma soprattutto nel modo in cui affronta la riabilitazione di chi ha commesso un reato, le nostri carceri hanno non poco da farsi perdonare per quel’ eterno sovraffollamento per cui siamo stati richiamati anche dalla Ue come piu’ volte ho scritto su queste pagine e altrove.
Il diritto ad una dignità dei detenuti è dovuto unitamente ad un diritto alla vivibilità degli stessi in una struttura carceraria, tali diritti sono al pari di quei doveri del detenuto ovvero scontare la pena.
Quella pena a riscatto di un delitto commesso in societa’.
Ma non devono essere tali diritti che impongono soluzioni ipso facto ad un grave problema di antica data, lo è anche unitamente la nostra coscienza e la nostra civiltà.
L’emergenza carceraria si è fatta persino più incombente in ragione della reiterata condanna ai danni del nostro Paese da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma di certo non deve essere questa la motivazione per la quale si deve intervenire per l’alleggerimento del sistema penitenziario nostrano.
Intervenire per evitare una condanna, perché ce lo chiede con insistenza l’Eurozona è vergognoso, si deve intervenire in primis per civiltà, per umanità verso chi sta ripagando un delitto con la pena ovvero la reclusione, questo è doveroso. Non può esserci credibilità nella stessa riabilitazione carceraria del detenuto ovvero la pena se le condizioni di detenzione di tale riabilitazione non sono dignitose.
A tutto questo si  e’ aggiunto per l’emergenza covid la sospensione dei colloqui che non poco ha turbato anche con rivolte sia chi sconta quella pena sia chi gli sta accanto fuori da quelle carceri, tale e’ stato  amplificatore a quella situazione gia non brillante delle nostre carceri.
La credibilità, l’affidabilità di una Nazione non è solo quello spread e quel rating di letterine delle agenzie, essa è costituita anche dal suo sistema carcerario ed ancor prima dal sistema legislativo normativo di quelle pene che devono essere a riscatto di un delitto.
Creare allora come sollecito del garante Ioia quella giusta fase due covid anche in quelle carceri, i cui detenuti forse ne hanno piu bisogno di noi stessi poiche’, benche’ a giusta causa emergenziale  privati dei loro piccoli  diritti.
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Il Garante dei detenuti di Napoli Pietro Ioia ha scritto una lettera aperta al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Riportiamo di seguito il testo integrale.

Il Garante dei detenuti di Napoli scrive a Bonafede: “Pianificare una fase 2 per le carceri”“Gentile Ministro Bonafede,
ho pensato di scriverLe una lettera aperta per condividere con Lei alcune osservazioni e per farLe un invito. Le scrivo con l’immediatezza che tanto mi caratterizza, quella che spesso viene letta come irruenza, che in realtà è la passione che metto nelle cose. Soprattutto quando si parla di persone ristrette. E quando si parla del mio operato, del lavoro che quotidianamente mi impegna da vent’anni. Sono un ex detenuto. Sono garante dei diritti delle persone detenute. La prima affermazione è un’etichetta che continuo a sentire sulla mia pelle, la seconda è una realtà che ho conquistato con dignità, sacrificio e tanto lavoro, su me stesso e sugli altri. L’etichetta che ti lascia il carcere dovrebbe piano piano essere cancellata dalla pelle dei detenuti. Con la dignità, il sacrificio e il tanto lavoro, appunto. E con la fine della pena la persona che esce da un penitenziario dovrebbe avere la possibilità di raggiungere obiettivi diversi, dovrebbe poter conquistare la propria libertà con il lavoro, inserendosi in un circolo positivo che aiuta se stessi e la società tutta.

Quando sono stato nominato garante sembrava che l’etichetta fosse del tutto e finalmente svanita. L’obiettivo tanto cercato era stato raggiunto: sulla mia pelle l’etichetta scompariva e inoltre potevo aiutare altre persone detenute ad ottenere lo stesso. Gli attacchi che ho subito e che continuo a subire sono in contraddizione con le mie conquiste. Le mie conquiste, i risultati che io ho raggiunto, prima di essere mie, sono le conquiste e i risultati di una società giusta e democratica. Sono una Sua conquista, il Suo obiettivo raggiunto, gentile Ministro. La Costituzione e i forti valori in essa contenuti sono miei e suoi, sono miei e della Polizia Penitenziaria. Sono miei e sono dei Garanti, degli educatori e delle persone che amministrano le carceri. Sono una conquista e un risultato del nostro popolo. Il mio obiettivo raggiunto, quello di aiutare altri ad uscire con dignità e con prospettive diverse da quelle legate alla criminalità, è una conquista per tutti.

I 1.600 € donati ad aprile dai detenuti di Poggioreale all’Ospedale Cotugno di Napoli sono una conquista, perché sono il risultato di una politica penitenziaria efficace. Così come lo sono le mascherine prodotte dai detenuti di Secondigliano e di altri Istituti Penitenziari italiani, destinate a chi vive e lavora dentro e fuori dal carcere. Potrei parlarLe ancora a lungo dei paradossi e delle critiche, e farLe tanti altri esempi di una realtà penitenziaria positiva, ma quello che mi più mi preme è andare oltre, pensare all’immediato futuro. In questi giorni sentiamo parlare ed attendiamo in Italia una fase 2 che ci permetterà di uscire dall’emergenza che stiamo vivendo, leggo continuamente (e giustamente) di come mettere in sicurezza i nostri ospedali, di come riaprire le aziende e le scuole, per consentire a noi persone libere di recuperare una qualche forma di normalità. Ma purtroppo difficilmente ho sentito parlare di una fase 2 per le carceri.

Sono indelebili nei nostri cuori le terribili immagini delle rivolte penitenziarie di marzo, che hanno fatto temere il rischio di una escalation, scongiurata solo grazie al lavoro di tutti quelli che si occupano delle carceri. Rivolte nate dalla paura di ciò che stava accadendo, dall’amplificazione di ogni notizia che viene da fuori – che, mi creda, rimbomba all’interno di quattro mura – dal non aver saputo comunicare in modo adeguato alla popolazione carceraria il perché della sospensione dei colloqui con i familiari. Gentile Ministro mi creda se le dico che, per chi vive la restrizione della propria libertà, il colloquio con l’esterno è una vera e propria ragione per andare avanti.

Per questo Le chiedo di pianificare una fase 2 per le carceri fin da adesso, che potrebbe coinvolgere i detenuti e i professionisti che operano in ambito penitenziario ed extrapenitenziario, per una progettazione partecipata, che venga dal basso, che sappia trovare soluzioni per una transizione serena dall’emergenza. Si potrebbe lavorare insieme per dare spazio alle misure alternative, alla giustizia riparativa e di comunità, puntare concretamente sulla rieducazione dei detenuti attraverso la formazione, il lavoro e il mantenimento dei legami familiari.

Rischiamo, altrimenti, fin da subito, che la paura e il vuoto vissuti dai detenuti e dai loro familiari possano dirigerci in senso opposto, suscitando nuove tensioni. La invito, dunque, a venire a Napoli quando inizierà la fase 2 del nostro Paese, per entrare insieme nei reparti delle case circondariali di Poggioreale e di Secondigliano, nel carcere minorile di Nisida e in quello femminile di Pozzuoli. Lavoriamo insieme, affinchè questa emergenza possa essere un’occasione di cambiamento, in direzione di quel circolo positivo di cui parlavamo. La lascio infine con un augurio e con una promessa. Auguro a Lei e a tutti noi di superare questo momento difficile e di saper ripartire con orgoglio e a testa alta, potendo dire a noi stessi che abbiamo fatto di tutto per uscirne insieme. Io, nel mio piccolo, Le prometto che continuerò a lavorare duramente affinchè i detenuti che incontrerò sulla mia strada possano realmente inserirsi in un circolo virtuoso, lontano dal crimine. Insieme, semplicemente, sarebbe più facile.

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