Permesso di lavoro retribuito per curare il cane: la prima volta in Italia.

di Marina Crisafi. Anche curare il proprio cane è un grave motivo personale e di famiglia che consente di ottenere un permesso di lavoro retribuito. È quanto avvenuto ad una dipendente pubblica, single, che non avendo alternative per stare vicino al proprio animale ha chiesto al datore di lavoro (un’università romana) il riconoscimento del permesso retribuito di due giorni di assenza.

Tale diritto, inizialmente negato, “grazie al supporto tecnico-giuridico” offerto dalla Lav, le è stato riconosciuto. Ad annunciarlo, è la stessa Lega Anti Vivisezione in una nota pubblicata sul proprio sito. Del resto, la “leva” su cui ottenere il riconoscimento viene proprio dalla circostanza che non curare un animale, come affermato più volte dalla giurisprudenza, può integrare il reato di maltrattamento e quello di abbandono previsti dal codice penale. È evidente, quindi, “che non poter prestare, far prestare da un medico veterinario cure o accertamenti indifferibili all’animale – come nel caso di specie – rappresentava chiaramente un grave motivo personale e di famiglia, visto che la signora vive da sola e non aveva alternative per il trasporto e la necessaria assistenza al cane” prosegue la nota della Lav. “Ora, con le dovute certificazioni medico-veterinarie, chi si troverà nella stessa situazione potrà citare questo importante precedente – ha affermato il presidente Lav, Gianluca Felicetti, che ha aiutato la signora nella vertenza”. Si tratta, in sostanza, di “un altro significativo passo in avanti che prende atto di come gli animali non tenuti a fini di lucro o di produzione sono a tutti gli effetti componenti della famiglia” e più in generale “un altro passo avanti verso un’organica riforma del codice civile che speriamo – ha concluso Felicetti – il prossimo Governo e il prossimo Parlamento avranno il coraggio di fare, approvando la nostra proposta di legge ferma dal 2008”.

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