Perché l’Occidente non è più la patria del genio.

di Francesco Alberoni. Ci sono dei luoghi in cui, per un certo periodo, fioriscono i geni, in seguito torna la mediocrità.

Atene fra il 500 e il 300 a. C. ospitava figure come Socrate, Platone e Aristotele, poi nulla. L’Italia ha avuto lo splendore del Rinascimento. Alla fine del secolo a Vienna c’erano Freud, Klimt, Mahler, poi il deserto. In Francia nel Novecento Sartre, Simone de Beauvoir, Lévi-Strauss; in Italia Pirandello, Buzzati, Calvino, Montale.

Oggi non c’è più nessuno come loro. In tutta Europa la cultura sembra avvizzita. Perché? Quando fioriscono i geni? Quando la società ha slancio, ottimismo, fame di futuro, quando apprezza la bellezza, l’alta cultura e premia le persone creative, competenti e geniali. Quando la scuola trasmette un sapere elevato. Oggi tutto questo manca. Sia in Europa sia negli Usa, dove sembrano addirittura in crisi i fondamenti della civiltà. Sono scomparsi il futuro e lo slancio vitale, ma è scomparsa anche l’alta cultura umanistica e scientifica che ha le sue radici nel passato greco-romano e medievale. Quella cultura che – trasmessa dalle scuole e dalle università – ha consentito all’Occidente di dominare il mondo e di diffondere ovunque i suoi modelli di comportamento.

I popoli che l’hanno ricevuta, però, ne hanno preso solo l’aspetto tecnico, utilizzandolo per fini economici e di potere. Non ne hanno ereditato la creatività, lo spirito e i valori. E, poiché si sono arricchiti e sono diventati potenti, noi oggi li ammiriamo, li imitiamo e lavoriamo per loro. Il risultato è che non amiamo più la nostra cultura, ce ne vergogniamo. Al posto del libro, del concetto, del ragionamento abbiamo messo la notizia, l’attualità, la battuta, l’immagine, il clic, il «mi piace». Di conseguenza ci sono solo progressi nel campo tecnico, perfezionamenti di cose esistenti oppure robot, algoritmi per ridurre la manodopera, per abbassare i costi, per vincere la concorrenza, per avere un utile economico nel breve termine.

Per questo motivo non possono esserci grandi scrittori, grandi registi, grandi intellettuali e nemmeno grandi scienziati. Perché non servono a una società che conosce solo l’utile ed è retta dalla finanza e dal marketing.

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