Per la prima volta cala l’aspettativa di vita degli italiani.

È una di quelle notizie che non sai mai se apprendere con un sospiro di sollievo o con disappunto. Per la prima volta nella storia d’Italia l’aspettativa di vita degli italiani è in calo. Lo afferma il Rapporto Osservasalute, secondo cui il fenomeno è legato ad una riduzione della prevenzione. Il rapporto boccia l’Italia in prevenzione, con una spesa per la salute in fondo alla classifica europea. Insomma, se da una parte la notizia da un certo sollievo perchè l’aspettativa di vita condiziona l’uscita dal mondo del lavoro in quanto più si alza tale parametro e più si allontana l’età della tanto agognata pensione, dall’altro sapere che si campa di meno perché la gente ha meno disponibilità economiche per curarsi e che l’Italia è fanalino di coda nella prevenzione nel mondo è una notizia che non fa saltare di gioia! A tanto ci ha ridotto la cattiva gestione dell’Inps da parte della malapolitica. Il migliore compromesso sarebbe quello di vivere a lungo e dignitosamente con una buona pensione da potersi godere quando si è ancora in buona forma fisica e non – come da riforma-fornenro – quando si è con un piede nella fossa! Comunque, nel 2015 la speranza di vita per gli uomini è stata 80,1 anni, 84,7 anni per le donne. Nel 2014, la speranza di vita alla nascita era maggiore e pari a 80,3 anni per gli uomini e 85,0 anni per le donne. L’andamento ha riguardato tutte le regioni. A Trento si riscontra, sia per gli uomini sia per le donne, la maggiore longevità (rispettivamente, 81,3 anni e 86,1 anni). La Campania, invece, è la regione dove la speranza di vita alla nascita è più bassa, 78,5 anni per gli uomini e 83,3 anni per le donne. Per quanto riguarda le cause di morte, dai dati del 2012, quelle più frequenti sono le malattie ischemiche del cuore, responsabili da sole di 75.098 morti (poco più del 12% del totale dei decessi). Seguono le malattie cerebrovascolari (61.255 morti, pari a quasi il 10% del totale) e le altre malattie del cuore non di origine ischemica (48.384 morti, pari a circa l’8% del totale). Nel ‘Rapporto Osservasalute’ si segnalano numerosi elementi di criticità, in quanto confermano il trend in diminuzione delle risorse pubbliche a disposizione per la sanità, le esigue risorse destinate alla prevenzione e le persistenti iniquità. La spesa sanitaria pubblica è passata dai 112,5 miliardi di euro del 2010 ai 110,5 del 2014, si legge, e la contrazione ha coinciso con una lenta ma costante riduzione dei deficit regionali, conseguita però in gran parte tramite il blocco o la riduzione del personale sanitario e il contenimento dei consumi, misure che, sottolineano gli esperti, difficilmente potranno funzionare ancora nel futuro. Nel 2014 la dotazione di posti letto negli ospedali è risultata 3,04 per 1.000 abitanti per la componente acuti e allo 0,58 per 1.000 per la componente post-acuzie, lungodegenza e riabilitazione, tutti valori inferiori agli standard normativi. Nel contempo, la spesa per il personale, in rapporto alla popolazione, è diminuita del 4,4% tra il 2010-2013.L’investimento in prevenzione è molto scarso, solo il 4,1% della spesa sanitaria totale. Nel 2014, la spesa sanitaria pubblica pro capite in Italia è di 1.817 euro, del tutto in linea con il valore dell’anno precedente che pone l’Italia tra i Paesi che spendono meno in salute e benessere dei cittadini. Nell’ultimo anno, ad esempio, il Canada ha speso oltre il 100% in più per ogni cittadino rispetto all’Italia, la Germania il 68%. La spesa pro capite più alta si registra in Molise (2.226 euro) e la più bassa in Campania (1.689 euro)

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