Per favore non chiamatele “disgrazie”.

di Carlo Barbieri. Incidenti mortali causati da guidatori che chattano al telefonino. Altri da conducenti ubriachi o drogati. Sono purtroppo notizie di tutti i giorni, ma ci sono migliaia di casi di cui non si sa niente solo perché non ci sono abbastanza morti per un posto in cronaca.

Per dirne una: mesi fa, a Roma, mentre ero incolonnato in un lento stop and go, ho notato nello specchietto che la signora dietro di me partiva, frenava e ripartiva senza togliere gli occhi dal cellulare. Finchè ovviamente mi ha tamponato. Sono sceso dall’auto e le ho detto che così come aveva investito me, avrebbe potuto mettere sotto un pedone, perchè quando si è distratti il cervello – ammesso di avercelo – è da un’altra parte.

Ricordo una scena straziante a cui ho assistito tempo fa. Moto a terra, motociclista portato via, sangue. Niente casco. Una donna si torceva le mani e urlava Com’è potuta succedere ‘sta disgrazia, com’è potuta succedere?”. Avrei voluto dirle “Era senza casco, l’imbecille, ecco come è successa!”, ma non ho parlato, forse era la madre.

Per favore non chiamatele “disgrazie”: almeno non nel senso di “sciagure causate da sfortuna”. Se si usa il cellulare mentre si guida, se ci si mette al volante fatti d’alcol o di droga, si rischia consapevolmente la vita propria e degli altri.

Ci sono padri e madri che provocano la morte di figli e si portano per tutta la vita un peso insopportabile. Mi fanno pena; ma la colpa è loro. Chissà quante volte avranno sfottuto chi gli diceva di non usare il cellulare, o di non bere, di mettere il casco.

Raccomandazioni per i fessi, mentre loro erano furbi. Furbi convinti che le “disgrazie” capitino solo agli altri, e non si rendono conto che stanno facendo la corte alla Morte. Non devono stupirsi se poi la Morte un giorno dice “Sì” e abbraccia loro, o un loro figlio, o un altro povero innocente.

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