Da ‘Quota100’ a ‘Quota99’: in pensione a 63 anni e con 36 di contributi.

di Redazione. Viittime sacrificali della Fornero e adoratori di Quota100, non disperate, perchè la riforma delle pensioni essendo fonte inesauribile di voti in campagna elettorale, è come il pongo e ogni governo la modella a sua immagine e somiglianza per mantenere le proprie terga il più a lungo possibile incollate alla poltrona!

Stando alle voci dei Palazzi romani Quota100 dovrebbe restare fino al 2021. Ma cosa accadrà dal primo gennaio 2022?

Secondo il presidente della Commissione Lavoro della Camera ed ex ministro del Lavoro Cesare Damiano è giusto mantenere il regime di Quota 100 in modo da evitare nuove storture sulle spalle dei lavoratori, ma dopo sarebbe necessario consentire una flessibilità in uscita, così come prevedeva il Ddl 857, da lui varato nell’aprile del 2013: “All’epoca – spiega Damiano – si andava in pensione di vecchiaia con i 66 anni. L’idea era quella di un anticipo massimo di 4 anni, dunque a partire dai 62 anni, con una penalizzazione del 2% sull’assegno, per ogni anno di anticipo e fino a un massimo dell’8%. Questo al fine di compensare la flessibilità dal punto di vista della copertura finanziaria.

Ecco, io penso che quella proposta sia ancora di grande attualità. Si potrebbe semmai aggiornare l’asticella, mantenendo sempre i 4 anni di anticipo. Tenendo conto che oggi si va in pensione a 67 anni, si potrebbe quindi fissarla a 63 anni, età coincidente per altro con quella prevista dall’Ape sociale.

Si potrebbe cioè immaginare, fin da ora e per il futuro, un principio strutturale di uscita a partire dai 63 anni con almeno 35 anni di contributi. Senza escludere la possibilità di portare la contribuzione richiesta a 36 anni.

Un meccanismo di questo tipo consentirebbe davvero una flessibilità basata su una quota. Potremmo stabilire, per esempio, che uno possa accedere alla pensione con 63 anni e 36 di contributi, oppure con 64 e 35.

Insomma, anziché di Quota 100 potremmo parlare di Quota 99, ma che sia davvero una quota che consenta un certo gioco sia sull’età che sui contributi. Con la flessibilità fino ai 4 anni si potrebbero condurre per mano verso la pensione quanti si avvicinano a quelle soglie di contributi ed età, e non scaraventarli nell’abisso con un salto di 5 anni una volta reintrodotto il criterio della Fornero”, conclude Damiano.

Ma per fare una riforma di questo tipo servirebbe una lunga permanenza del governo gialloRosso, ma reggerà questa alleanza fino al varo di Quota99? I pensionandi in odore di Quota99 incrociano le dita!

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2 Responses

  1. Romina - TO ha detto:

    Nel paese dei furbacchioni, come è quello italiano, non tutti versano i contributi all’Inps, ma poi tutti reclamano la pensione! E allora va a finire che i soldi non ci sono e chi ci va a rimettere come al soliti sono sempre i “soliti fessi” che pagano sempre tutto fino all’ultimo centesimo!
    E allora sono d’accordo con Giacomo – TO, o tutte partite Iva o tutti lavoratori dipendenti cin ritenuta ala fonte!!!!!

  2. Giacomo - TO ha detto:

    Il problema pensioni, a mio modestissimo avviso deriva dal fatto che in Italia, da sempre Previdenza ed Assistenza siano nello stesso istituto=INPS.
    L’INPS oltre alla previdenza, all’assistenza, alla CIG ha altre incombenze.
    Da sempre c’è la necessità di separare Assistenza da Previdenza, sono due realtà distinte.
    Una soluzione, in Italia penso non gradita sarebbe per il futuro:Dare il lordo in busta a chi lavora, così che il lavoratore si possa fare il suo piano di Previdenza ed Assistenza come accade ad esempio in Svizzera. Un primo pilastro pubblico ed un secondo pilastro privato integrativo.
    In Italia occorrono riforme strutturali, a parole le vogliono in tanti nei fatti non pèiacciono a nessuno!

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