PD e FI: il trionfo del “pensiero unico”.

di Gerardo Lisco. In questi giorni, prima con la presentazione del Jobs Act e poi con la Legge di Stabilità, sta emergendo in modo palese che il Partito di Renzi e Forza Italia sono accomunati da un unico linguaggio e da un’unica proposta politica. Pur se apparentemente sembrano alternativi di fatto le diverse posizioni esprimono sfumature non sostanziali della stessa proposta politica. Questa comunanza non è il frutto del Patto del Nazareno, scaturisce dalla stessa (in)cultura politica. Martedì alla trasmissione presentata da Floris su La 7 erano presenti Brunetta e Moretti. Il confronto riguardava la Legge di Stabilità.
Le osservazioni di Brunetta alla Legge di Stabilità proposta dal Governo vertevano su temi cari a F.I. e cioè l’abbassamento delle tasse, la riduzione della spesa pubblica, la flessibilità del mercato del lavoro, in una parola politiche Liberali. Ciò che preoccupava Brunetta non era tanto la qualità quanto la quantità degli interventi. Infatti Brunetta argomentava dicendo sostanzialmente che quanto proposto dal Governo non era sufficiente rispetto ai vincoli imposti dall’UE e che quindi sarebbe stato bocciato. La posizione di Brunetta era comunque funzionale alla Moretti la quale poteva in questo modo apparire non di destra, certamente non di sinistra, sicuramente in qualche modo moderata.

La comunanza di proposta politica tra P. di R. e F.I. è dimostrata anche dal ruolo svolto dal NCD. Sono sempre più convinto che solo gli sciocchi credono alla favola del conflitto tra NCD e F.I. . E’ sufficiente analizzare attentamente le vicende politiche che hanno preceduto il Jobs Act e il confronto sulla Legge Stabilità o il dibattito sulla questione delle unioni tra persone appartenenti allo stesso sesso per rendersene conto.
Agli inizi dell’estate tanto Sacconi quanto Alfano aprono il confronto sull’art. 18 e quindi sul Jobs Act. Ciò che resta, dopo la mannaia della Fornero, dell’art. 18 va abrogato. E’ una questione di vita o di morte per NCD. L’argomento principe è che l’esistenza di un tale vincolo inibisca gli investimenti esteri in Italia. Apparentemente questa presa di posizione di NCD sull’art. 18, come quella più recente di Alfano sulla non riconoscibilità in Italia dei matrimoni tra gay contratti all’estero, avrebbe la funzione di acquisire visibilità rispetto a un elettorato conservatore se non proprio reazionario sottraendolo a FI e invece così non è. Come si evince dagli atti, Renzi ha fatto propria la posizione sull’art. 18 di NCD e ha trovato anche l’avallo di FI, non bisogna dimenticare che un numero consistente di senatori di FI al Senato ha abbandonato l’Aula al momento della fiducia sul Jobs Act. Questo abbandono dell’Aula è stato un atto di sostegno al Governo e non viceversa.
Se passiamo adesso ad analizzare i contenuti della Legge di Stabilità si evince in modo chiaro che siamo in presenza del trionfo del “pensiero unico” che sta determinando tutte le politiche economiche degli ultimi quattro Governi senza produrre nessun effetto positivo. La manovra è passata da 20 a 25 fino a 36 miliardi. Alcune delle cose annunciate con grande risonanza sono state ridimensionate, come la questione delle assunzioni dal prossimo anno di 140.000 precari nella scuola, in merito a questo punto l’iniziale miliardo è stato ridotto alla metà. Sul piano delle politiche dell’occupazione, il combinato disposto abrogazione dell’art. 18 e sostegno alle imprese attraverso la riduzione dell’IRAP non produrrà nulla, per il semplice fatto che la crisi è dovuta alla domanda scarsa e non viceversa. L’Italia è in recessione come dimostrano i dati sulla crescita e sui consumi. Faccio notare che Renzi ha usato, rivolgendosi alle imprese, le stesse parole di Enrico Letta quando, dopo aver introdotto una serie di provvedimenti che riducevano il costo del lavoro, disse che le imprese non avevano più alibi per non assumere. Non mi risulta che i risultati siano stati positivi. Dal punto di vista delle politiche redistributive, la conferma del bonus di 80,00 euro di fatto verrà neutralizzato dall’aumento della pressione fiscale da parte degli Enti Locali dovuti a tagli ai servizi, non solo per la Spending Review, soprattutto per il taglio dell’IRAP che contribuiva per il 30% al finanziamento delle spese sanitarie delle Regioni.
Sempre in merito a politiche redistributive, la questione TFR è a dir poco raccapricciante: voluta fortemente da Renzi, è un atto non solo ingiusto, ma sostanzialmente inutile. Danneggia le imprese, penalizza i lavoratori i quali si vedranno aumentare la pressione fiscale sia sui redditi se decideranno di utilizzarla mensilmente, sia se continueranno ad utilizzarla per alimentare i Fondi pensione ai quali hanno aderito. Inoltre conferma una diversità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati, l’accesso al TFR è consentito ai soli dipendenti privati. In merito al rispetto dei vincoli di bilancio, ossia del rapporto PIL/deficit pubblico, Renzi ha dichiarato che utilizzerà tutta la flessibilità consentita attestandosi al 2,9% del rapporto deficit/PIL. Se la cosa fosse realmente consentita dagli accordi non capisco dove sia il problema, la verità è che non è così. A parte questo la cosa mi sembra una delle tante bufale renziane. Secondo l’ISTAT il PIL dell’Italia segna quest’anno un – 0,4% e il rapporto deficit/PIL non è al 2,2 % ma al 3,8%. Deduco quindi che gli interventi per 11 miliardi previsti nella Legge Stabilità da finanziare in deficit non ci sono o quanto meno ammontano a una cifra di gran lunga inferiore. Non è un caso che Padoan abbia previsto un c.d. Fondo di Riserva di 3 miliardi per far fronte ad eventuali sanzioni/ osservazioni da parte di Katainen. Questo Fondo di Riserva è costituito da risorse che verranno prese dalle tasche dei soliti noti o attraverso nuove e/o maggiori tasse oppure attraverso il taglio di servizi. Quanto detto mi rende impossibile leggere posizioni politiche diverse tra il P. di R. e F.I. Le impostazioni delle politiche economiche sono fondamentalmente le stesse, lige ai paradigmi imposti dal pensiero unico Liberale. Le apparenti divisioni mirano solo ad intercettare uno spettro di elettori più ampio possibile in grado di poter garantire la continuità dello stesso sistema di potere.

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