Papa Francesco, i Mapuche e la crisi della Chiesa Cilena. di Francesco Cecchini

di Francesco Cecchini. Mapuche significa popolo o gente (che) della terra (mapu), terra del popolo. Un popolo che prima gli spagnoli, ma poi, innanzitutto, i padri delle patrie Argentina e Cile tentarono di sterminare e quasi ci riuscirono. Una vaga, ma tragica contabilità parla di centinaia di migliaia di morti. Le campagne militari della Pampa o del Desierto furono vere e proprie azioni di genocidio. Ma invano i Mapuches continuano a resistere e lottare. Sono un popolo tenace e duro come le loro terre, dal Pacifico all’ Atlantico: le due coste, Le Ande, il nord della Patagonia, la Pampa, ed i venti che le scuotono. Il 6 gennaio 1641 in Cile ebbe luogo il Parlamento di Quilín, un grande incontro in cui ebbe origine il primo trattato di pace tra i coloni spagnoli e il popolo mapuche, considerato come il Giorno dell’Indipendenza dell’attuale popolo Mapuche-Tehuelche. L’indipendenza di questo popolo riguarda tutte le comunità mapuche sia in Argentina che in Cile. La tensione crescente tra lo Stato e i Mapuches è una grande sfida per la società e le autorità cilene che Papa Francesco affronterà nel suo viaggio nella città di Temuco in terra mapuche. Jorge Mario Bergoglio, a circa 377 anni dal Parlamento di Quilín, arriverà a Santiago lunedì 15 gennaio per partecipare il giorno successivo a eventi nella capitale cilena, poi mercoledì andrà nella regione meridionale di La Araucanía, una delle più povere del Paese e teatro del conflitto mapuche. Rappresentanti mapuche hanno annunciato che durante la visita a Temuco, dove il Papa dirà una massa, chiederanno al pontefice di riconoscere il genocidio dei popoli originari nel sud del Cile e della Argentina, e promuovere una politica di riparazione e risarcimento. I Mapuche hanno convocato vari leader originari di tutta la regione per un incontro che si terrà nella collina Ñielol, luogo sacro mapuche per far conoscere il loro messaggio a tutti. Il leader Mapuche Aucán Huilcamán, werkén,portavoce, del Consejo de Todas las Tierras ha dichiarato: “Vogliamo dichiarare chiaramente al Capo dello Stato del Vaticano e alla Chiesa Cattolica la loro responsabilità per il genocidio commesso nel sud del Cile e in Argentina, perché gli spagnoli avevano il sostegno di questa chiesa. Vogliamo perdono per il genocidio e per, la confisca dei nostri territori e che un piano per il danno causato sia annunciato immediatamente. Intendiamo la visita di Papa Francesco come l’arrivo di un vicino, perché non siamo cileni o argentini, siamo mapuche; il grande vantaggio è che è un vicino che sa esattamente cosa è successo. Insistiamo sul perdono per la responsabilità della Chiesa cattolica di una storia violenta nei confronti del popolo mapuche, passata, ma che colpisce ancora oggi. In questo momento, non è contestato che il papa sia un’autorità più o meno rappresentativa, ma si cerca un’azione che vada oltre il perdono di Papa Giovanni Paolo II nel 1992, in occasione del 500° anniversario della scoperta delle Americhe”. Aucán Huilcamán ha annunciato che cercherà di incontrare il pontefice, nonostante l’agenda di questi sia completa. Il Consejo de Todas las Tierras è un’organizzazione indipendentista che mira a creare uno stato Mapuche. I mapuche sono decenni, per non dire secoli, che si mobilitano per la restituzione delle loro terre, che sono nelle mani di imprenditori agricoli e forestali cileni; ciò ha provocato e tuttora provoca un conflitto violento e la morte di molti persone. Due altri punti che caratterizzano l’evento della visita del Papa sono il costo e la crisi della Chiesa cilena. Secondo il quotidiano La Tercera, il sondaggio Cadem ha mostrato che il 50% dei cileni afferma che la visita del Pontefice è poco o nulla importante e l’80% rifiuta che lo Stato finanzia 11 dei 18 milioni di dollari che la visita del Papa costa in materia di sicurezza e logistica. Un’ aspetto economico difficile da ignorare. Francesco inoltre troverà una Chiesa molto lontana dal popolo, con una gerarchia senza empatia con questo, contestata, scollegata dai cambiamenti della società cilena. Jorge Costadoat, un teologo gesuita cileno, ha riflettuto alcuni mesi fa sulla chiesa cilena in crisi che il papa troverà, osservando che “mancano parrocchie, comunità ecclesiali di base, comunità religiose, movimenti laici, uso dei sacramenti e partecipazione all’Eucaristia domenicale e non vi sono segni di alcun focolaio di originalità più o meno importante”. La Chiesa cilena ha sofferto, forse come nessun’ altra in America Latina, dell’impatto degli scandali sugli abusi sessuali, psicologici e spirituali portati avanti dal clero e della oltraggiosa e incomprensibile mancanza di collaborazione della Chiesa per cercare giustizia alle vittime. C’è il caso di un vescovo accusato di pedofilia. Questi scandali hanno generato grande sfiducia, specialmente tra i giovani, e hanno approfondito le distanze tra la gerarchia della chiesa gerarchica e il popolo. Da settimane si assiste a una escalation di contestazioni. Un gruppo di manifestanti, capeggiati dall’ex candidata presidenziale Roxana Miranda, ha occupato la sede della nunziatura apostolica a Santiago del Cile. Altri hanno attaccato tre chiese, sempre a Santiago, gettando bombe carta che hanno causato danni e sono stati diffusi volantini uno dei quali diceva: Francesco la prossima bomba potrebbe essere per te”!

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