Paese spaccato in due: chi gode e chi soffre!

Salgono sopra i tetti, si arrampicano sui tralicci della luce, occupano i capannoni, scendono sotto terra e si “tagliano” fisicamente da soli prima che li tagli il ‘padrone’! Questa è l’Italia di oggi. Questa è l’Italia voluta dai poteri forti nazionali e internazionali, dal libero mercato, dalla finanza globale. Un’Italia fatta di precarietà, di ingiustizie sociali sempre più eclatanti. Siamo un Paese spaccato in due. Da una parte ci sono “loro”, con i “loro” assurdi privilegi e la “loro” altrettanto assurda vita da nababbi. Dall’altra uomini e donne che si arrabattano per cercare di arrivare a fine mese, o addirittura che il mese non sanno proprio come iniziarlo!!! Operai, impiegati, uomini e donne, che dal nord al sud sono ancora in cerca di un’occupazione e, invece, chi un lavoro ce l’ha rischia di perderlo da un giorno all’altro. Sono 141 le aziende italiane che invocano l’aiuto del Governo per non affondare nel mare della crisi economica e che cercano in tutti i modi di tutelare il posto di lavoro dei 111 mila operai a rischio. Fincantieri, Vinyls, Omsa, Alenia, Jabil, Agile Eutelia, Fiat, Alcoa, Carbonsulcis, Ilva, Indesit, solo per citare le più importanti! 141 aziende che entro settembre hanno bisogno di trovare una soluzione positiva, che permetta loro di non chiudere i battenti o di trasferirsi all’estero. Perchè la crisi economica ha come effetto primario la delocalizzazione degli impianti in zone con costi di manodopera più agibili per le industrie. E’ il caso della Indesit, che ha visto chiudere i suoi impianti in Piemonte, per spostare la produzione in Polonia. O dell’Omsa di Faenza, nel ravennate, dove le operaie sono in attesa che venga attivato il piano di riconversione della produzione dello stabilimento da filati a complementi d’arredo. O ancora della Fiat e dei suoi stabilimenti a rischio, minacciati da un’esportazione della produzione negli Stati Uniti, a discapito di quella locale e che porterà, negli impianti di Pomigliano, ad un blocco della produzione di due settimane tra settembre e ottobre, costringendo gli operai ad un’ulteriore cassa integrazione. C’è poi il problema di alcune produzioni considerate obsolete. Un problema che riguarda quasi tutte le miniere e le acciaierie del sud Italia, Sardegna in primis. Nonostante il gesto eclatante dei minatori della Carbonsulcis, dove un minatore è arrivato persino a tagliarsi i polsi sotto terra tanta è la disperazione, il Governo non è attualmente intenzionato a prendere in considerazione il piano di rilancio della miniera, perchè economicamente poco proficua per il Paese. E non sono sufficienti i quasi 30 miliardi di sussidi e incentivi che ogni anno lo Stato distribuisce al mondo delle imprese per aiutarle a riavviare la propria attività o concederle una momentanea boccata d’aria. La soluzione per ora prospettata dal governo è la decentralizzazione, ovvero traslare le vertenze industriali nazionali a livello regionale. Pertanto ad ogni Regione viene “scaricato” il difficile compito di occuparsi degli impianti a rischio nel proprio territorio. Il governo nazionale è troppo impegnato in ben altri ‘compiti’: i compiti da sottoporre quotidianamente alla valutazione della Cancelleria tedesca!!!

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