Ocse: in Italia serve un taglio delle tasse sul lavoro!

Cresce l’economia italiana dopo l’iniezione di denaro pubblico ad aziende e imprese in sofferenza durante il lockdown, ma naturalmente cresce anche il debito pubblico che si attesta ben oltre i 43mila euro pro-capite.

L’Ocse nella Economic Survey prevede, infatti, “che l’economia recuperi i livelli del 2019 entro la prima metà del 2022”, dopo una crescita per quest’anno stimata al 5,9%. “Il debito pubblico salirà quasi al 160% del Pil nel 2021”.

L’Ocse, quindi, invita l’Italia a “continuare a fornire sostegno fiscale, sempre più mirato, fino a quando la ripresa non sarà consolidata nei settori economico e occupazionale”, auspicando anche “un piano fiscale di medio periodo da attuare una volta che la ripresa sarà consolidata”, per “ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil”.

Insomma, i soldi dati in prestito non sono un regalo e andranno restituiti!

L’Ocse, riferendosi al piano di riforma fiscale che dovrebbe essere orientato alla riduzione dell’evasione e all’equità, prosegue evidenziando come “in Italia il livello del cuneo fiscale è il quinto più alto nell’area Ocse. Questo non aiuta l’occupazione, in un Paese in cui solo il 57% della popolazione è occupato contro una media Ocse del 67%” e il governo italiano farebbe bene a “considerare una riduzione permanente del prelievo fiscale in busta paga per tutti i lavoratori, in particolare le donne”.

E così, grazie agli aiuti di Stato e ad un’estate che ha registrato il “tutto esaurito”, le categorie in sofferenza hanno ripreso a macinare soldi su soldi, alla faccia dei cosiddetti “garantiti” che, invece, navigano sempre a vista, dal basso di uno stipendio ai limiti di un reddito di cittadinanza e che nonostante ciò hanno dovuto sobbarcarsi i costi dell’emergenza economica-sanitaria del Covid-19 garantendo sussidi e aiuti a quelle categorie che, invece, adesso hanno ripreso a macinare soldi più di prima!

Insomma, risale il Pil nazionale, ma salari e pensioni segnano il passo e restano fermi al palo! E allora non sarebbe il caso che adesso le categorie più ricche contribuissero a risollevare le sorti della nazione, per una più equa redistribuzione del prodotto interno lordo, invece di continuare a spremere i “soliti fessi”?

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