Non sono solo chiacchiere!

di Redazione. Siamo nel bel mezzo della festa più pazza e colorata dell’anno, il Carnevale. E maschere a parte le vetrini di forni e pasticcerie sono un magico e goloso tripudio di frappe, bugie, cenci, galani o cròstoli, ovvero di quei dolci tipici di Carnevale che cambiano nome a seconda della regione d’Italia in cui si mangiano, anche se il sapore e la ricetta è molto simile dappertutto. Friabili, dorate, rettangolari, annodate, ripiegate a ficco, con una spolverata abbondante di zucchero a velo: le chiacchiere di Carnevale hanno un aspetto e un sapore davvero inconfondibili. 

La storia delle “frappe” di Carnevale è molto antica. Le origini risalgono, infatti, a quando nell’antica Roma si celebravano i Saturnali, una festa molto simile al Carnevale odierno. Durante questo periodo di banchetti e feste popolari, in cui tutti i canoni sociali venivano ribaltati, uno dei simboli d’eccesso erano le frictilia”, dolci fritti nel grasso di maiale, distribuiti alla folla fra le strade della città. Apicio, uno dei più raffinati buongustai dei tempi antichi, descrive così la preparazione delle chiacchiere nel suo De re coquinaria: “Frittelle a base di uova e farina di farro tagliate a bocconcini, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele”.

Frappe a Roma, Bugie in Liguria, Cenci in Toscana, Galani in Veneto, Cròstoli in Friuli.
Il nome delle chiacchiere di Carnevale varia da regione a regione e in alcuni casi anche da città a città, ma la ricetta è più o meno sempre la stessa.

L’impasto è a base di farina (500 grammi), zucchero (80 g), burro (50 g), tre uova. C’è poi chi aggiunge del Marsala, chi del vino bianco, chi del Vin Santo, chi ancora della grappa. Le varianti dipendono ovviamente dalle usanze regionali. 

Sottili o un po’ più corpose, le chiacchiere di Carnevale devono avere le bolle, segno che la sfoglia è stata tirata a dovere e la frittura è stata fatta a regola d’arte.

Un tempo le chiacchiere di Carnevale venivano fritte nello strutto: oggi il grasso animale è stato, nella maggior parte dei casi, sostituito da un più leggero olio di semi. Chi è particolarmente attento alla salute e alla linea può decidere anche di optare per una cottura al forno, ma il risultato, lo sapevano anche gli antichi Romani, non sarà mai lo stesso.

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