Non è una crisi congiunturale, ma di sistema!

La legge 40 del 2004, quella cioè che regola la procreazione medicalmente assistita, viola la Convenzione europea sui diritti umani. Lo ha stabilito una sentenza della Corte di Strasburgo che ha dato ragione a una coppia italiana portatrice sana di fibrosi cistica che ha presentato ricorso contro la normativa, voluta nel 2004 dall’allora ministro della Salute Girolamo Sirchia e da sempre avversata dal centrosinistra, che arrivò a proporre un referendum abrogativo, che però non raggiunse il quorum dei votanti.
In particolare la sentenza della Corte europea dei diritti umani ha bocciato l’impossibilità per la coppia (fertile) di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni. Secondo i giudici, la cui decisione diverrà definitiva entro tre mesi se nessuna delle parti farà ricorso, “il sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto degli embrioni è incoerente“, in quanto un’altra legge permette di accedere all’aborto terapeutico se il feto è malato di fibrosi cistica.
E all’indomani della sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo, il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, interviene nella ridda di reazioni: “Bisogna ripensarci a livello nazionale, sia di tecnici sia di esperti, sia per merito sia per metodo perché non si è passati attraverso la magistratura italiana: c’é stato un suo superamento, un surclassamento. E’ singolare.
E’ l’ora di una solidarietà lungimirante, dell’assoluta concentrazione sui problemi prioritari dell’economia e del lavoro, della rifondazione della politica e della partecipazione, della riforma dello Stato: problemi che hanno al centro la persona e ne sono il necessario sviluppo.
Quando per interessi economici, sull’uomo prevale il profitto, oppure, per ricerca di consenso, prevalgono visioni particolaristiche e distorte, le conseguenze sono devastanti e la società si sfalda perché superando prospettive ideologiche, è necessario tenere ben saldo il legame con quei valori che fanno parte della nostra storia e ne costituiscono il tessuto profondo: tessuto che a qualcuno sembra talmente acquisito da non aver bisogno di attenzione e di presidio alcuno, e da altri è guardato con sospetto o insofferenza come se fosse un intralcio al progresso.
Dalla crisi si esce solamente uniti perché la strada intrapresa, in Italia come altrove nel mondo, è fortemente in salita. Uscire dalla strettoia, che ha costi alti per famiglie, giovani, adulti e pensionati è possibile, ma solo insieme perchè insieme si affrontano le prove più dure, perché se le persone si sentono sole davanti alle difficoltà, si deprimono e arrendono, finiscono ai margini, preda del peggio: senza lavoro, il male ha buon gioco.
Sottovalutare il contesto europeo e mondiale della crisi sarebbe illusorio e suicida. Nel cuore abbiamo il peso della crisi. Il pensiero corre a chi ha lavoro e spera di tenerlo, a chi lo cerca e non lo trova, a chi l’ha perso. La grave congiuntura economica, con ricadute preoccupanti su occupazione e vita sociale del Paese, dell’Europa e del mondo, non è una crisi congiunturale ma di sistema.
La durata nel tempo e gli scenari internazionali hanno ormai dimostrato che la crisi riveste una complessità e profondità tali che non può essere affrontata con ‘formule’ rapide e parziali e che neppure è possibile un affronto puramente nazionale che prescinda da quel contesto europeo e mondiale il quale, pur presentando vischiosità e particolarismi, sarebbe illusorio e suicida sottovalutare. E nel quale bisogna poter stare con competenza ed autorevolezza”.

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