Nel Belpaese è scoppiata la bolla immobiliare!

Causa la crisi il mercato immobiliare è al collasso: non si vende e non si compra! Poi ci si è messa pure l’Imu a peggiorare le cose. Inevitabile, quindi, un calo drastico della domanda e di un numero di transazioni che, se confermato, sarebbe del 50% inferiore rispetto al picco storico del 2006.
In un normale mercato in cui i prezzi seguono la legge della domanda e dell’offerta verrebbe da sé l’aspettativa di un riallineamento dei valori in conseguenza dei volumi. I volumi avevano già raggiunto un acme considerevole verso la fine degli anni ’90! Basti pensare che nel 2001 si sono vendute 690.000 unità residenziali, pari a circa il 50% in più rispetto al 1992 quando se ne erano vendute 467.000.
Poi l’arrivo della moneta unica ha lanciato volumi (e prezzi) al rialzo innaturale per ulteriori 5/6 anni, ben oltre le reali necessità abitative e, soprattutto, troppo in alto rispetto alle capacità reddituali dei cittadini. Complici le banche che si dimostravano eccessivamente leggere nelle proprie valutazioni e nelle concessioni dei mutui, complice l’effetto cambio che ha dato a tutti la sensazione di spendere mille lire quando se ne stavano spendendo poco meno di duemila, complice la mancata rivalutazione degli stipendi, complice infine una tassazione immobiliare ai massimi storici!
Qualcuno ha anche speculato, vendendo in euro case acquistate in lire. Qualche costruttore, piccolo o grande, che aveva terreni agricoli comprati in lire magicamente trasformati in edificabili per presunte “carenze abitative territoriali” o chi, grazie all’ennesimo condono edilizio, è riuscito a vendere a caro prezzo gli abusi commessi! Sono gli stessi che ora non sono disposti a cedere nemmeno qualche migliaio di euro!
Insomma anche nel Belpaese è scoppiata la bolla immobiliare! E’ un tipo di bolla speculativa che si presenta periodicamente nei mercati immobiliari locali, o anche globalmente. E’ caratterizzata da un rapido aumento dei prezzi immobiliari che si portano a livelli insostenibili in rapporto al potere d’acquisto dei potenziali acquirenti. Gli attuali prezzi sono insostenibili nella situazione reddituale ed economica in cui si trova il nostro paese. E come potremmo definirla se non “bolla immobiliare”? Il settore immobiliare è dunque stretto in una morsa di concause delle quali è vittima e carnefice al tempo stesso:
– eccessiva tassazione globale per i cittadini;
– insostenibile tassazione per le imprese che, per sopravvivere, chiudono o delocalizzano generando altra disoccupazione;
– costi di gestione delle case in crescita continua (utenze ed imu sono solo alcuni aspetti di un patrimonio vetusto che avrebbe bisogno di drastici interventi di recupero strutturale nonché di miglioramento dell’efficienza energetica);
– carenza di liquidità da parte delle banche;
– erosione del risparmio nelle famiglie per far fronte al momento di difficoltà;
– prezzi di acquisto richiesti troppo alti;
– giacenza di invenduto, sia nel nuovo che nell’usato, ben al di sopra di ciò che la domanda è in grado di smaltire;
– pletorica offerta globale aggiuntiva derivante dalle dismissioni di enti pubblici, previdenziali o privati;
– basso livello qualitativo dell’offerta immobiliare;
– grave carenza di infrastrutture promesse e mai realizzate che valorizzerebbero le varie “nuove municipalità” create ai margini delle metropoli;
– sfiducia o eccessivo attendismo da parte degli investitori immobiliari.
Ma agli italiani piace essere proprietari di immobili, possedere la casa in cui vivono, questa è la sola certezza che fa ben sperare per una ripresa del mercato a patto, sia chiaro, che i prezzi arrivino ad incontrare la domanda, rianimando conseguentemente anche il credito bancario.
Invitiamo i “venditori” a riflettere attentamente sul valore economico del “godimento del bene”, spesso trascurato. Si è portati, infatti, a pensare che un’immobile pagato, ad esempio, 100.000 nel 2005 debba essere rivenduto almeno alla stessa cifra oggi per non rimetterci il capitale; riteniamo che il ragionamento sia fuorviante perchè non tiene conto del risparmio derivante dal possesso. Se avessimo tenuto “immobile” quel capitale per conservarlo e contemporaneamente avessimo abitato la nostra casa in affitto, avremmo speso almeno un 3% all’anno, pari a circa 24.000 euro in 8 anni. il nostro capitale ad oggi non sarebbe più di 100.000, bensì di 76.000! Quindi smettiamola di chiedere 120.000 euro per la nostra casa e collochiamola in vendita ad un prezzo realizzabile e più consono al momento in cui viviamo: gli acquirenti si faranno avanti!

You may also like...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *