Mai nelle elezioni americane due candidati così deboli.

di Massimo Gramellini. Tra una settimana a quest’ora conosceremo il nome del nuovo presidente degli Stati Uniti. Ma già adesso sappiamo che qualunque altro candidato repubblicano al posto di Trump avrebbe battuto la Clinton a mani basse, così come qualunque altro candidato democratico al posto di Hillary avrebbe stracciato l’uomo la cui capigliatura riesce a infrangere la legge di gravità. Mai nella storia la più importante passerella planetaria della democrazia aveva visto sfilare due modelli così deboli.
Invisi a una parte dei loro stessi elettori, che li voteranno solo per non fare prevalere l’avversario. E oberati da una folla di scheletri nell’armadio che inseguiranno il vincitore per l’intera durata del suo mandato, presumibilmente unico, obbligandolo a passare una buona parte del suo tempo a difendersi dai pasticci compiuti prima di entrare in carica, come se non bastassero quelli che potrebbe combinare dopo, specie il dilettante allo sbaraglio Trump. Come abbia fatto la democrazia americana a incartarsi fino al punto di selezionare due campioni del genere è questione che lascio volentieri agli esperti di cose americane. Dal mio strapuntino di osservazione mi limito a constatare senza orgoglio alcuno che, dopo essere stati noi a copiarli in tutto – dai jeans al lavoro precario -, per la prima volta sono loro a copiare noi, mettendosi in Casa (Bianca) un capo dell’esecutivo ricattabile dagli scandali del proprio passato, quale per vent’anni è stato Berlusconi.

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