L’Italia non è un paese per mamme: Oltre 37mila rinunciano al lavoro dopo un figlio!

di Redazione. E poi ci vengono a dire che in Italia non si fanno più figli, che bisogna accogliere i migranti altrimenti non ci sarà più nessuno a pagare le nostre pensioni e bla, bla, bla…

Ma se nel 2019 sono state oltre 37mila le mamme a dimettersi dopo aver fatto un figlio e poco meno di 14mila neo-padri, un motivo ci sarà. Ed il motivo è l’assoluta mancanza di welfare, perchè se una coppia che a stento arriva a guadagnare poco meno di 2mila euro al mese e poi ne deve spendere almeno mille in baby sitter o nido privato, poi il mutuo, l’affitto, l’auto e le spese varie, di cosa dovrebbe campare?

Insomma un fatto è certo, l’Italia non è un Paese per mamme! Lo certifica il rapporto dell’Ispettorato del Lavoro (Inl) sulle convalide di dimissioni e risoluzioni consensuali di madri e padri, reso noto ieri. Sono 37.611 le lavoratrici neo-mamme che si sono dimesse nel corso del 2019; i papà sono stati invece 13.947. Oltre al dato numerico e statistico – un totale di 51.558 provvedimenti, con l’incremento del 4% rispetto al 2018 – quello che balza agli occhi è che la maggior parte dei casi (73%) riguardi le donne.

E non è una novità, piuttosto un trend, che esclude il fenomeno sommerso delle dimissioni in bianco (fatte firmare contestualmente alla lettera di assunzione) o dei licenziamenti camuffati da decisioni volontarie. Il rapporto dell’Ispettorato del Lavoro certifica la volontarietà dei casi di dimissioni, ma questo non toglie che la ragione dell’abbandono del lavoro soprattutto da parte delle neo-mamme riguardi la difficoltà di gestire il nuovo status con la mancanza di aiuti concreti. Quasi 21mila intervistate e intervistati hanno dichiarato di aver dato forfait per assenza di parenti a supporto (nonni), per il costo non sostenibile di asili e baby sitter o per la mancata accettazione del pargolo al nido.

L’altro grande scoglio – secondo il rapporto Inl – è la scarsa disponibilità dei datori di lavoro alle esigenze di conciliare il nuovo ruolo di genitore con l’impiego. Nella pratica solo il 21% delle richieste di part time o flessibilità lavorativa – 436 su 2.085 (due domande su dieci) – presentate da chi ha figli piccoli, è stato accolto.

 

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