L’Italia devastata dalla malapolitica, sepolta dai dati Istat!

Più di 7 famiglie su 10 vivono in una casa di proprietà e l’auto, a fronte di un trasporto pubblico disastroso,  resta sempre una necessità irrinunciabile per la stragrande maggioranza degli italiani. A rilevarlo è l’Annuario statistico italiano dell’Istat dal quale emerge impietosamente un’Italia sempre più povera!!! E proprio su casa e auto – al giorno d’oggi beni di prima necessità e non certo di lusso –  il governo si accanisce per tartassare gli italiani! Inoltre, nonostante l’aumento di visite ai musei, i consumi culturali calano, diminuiscono le iscrizioni all’università ma pure alle superiori, i disoccupati sfondano il tetto del milione tra gli under 35, cala il numero dei matrimoni e pure il numero delle iscrizioni all’università e alle superiori! Questo il quadretto di un’Italia senza futuro e senza speranza. Questi i numeri di un Paese devastato dalle ultime scelte politiche ed economiche che hanno mortificato un popolo e annientato un’intera nazione. Questa la drammatica situazione che emerge dai dati dell’Annuario Statistico dell’Istat! Siamo un Paese allo sbando, consegnato nelle mani della Germania e dei mercati finanziari internazionali, indebitato fino al collo nonostante la tassazione più elevata del mondo e gli stipendi più bassi del Vecchio Continente!!! 
Casa di proprietà. Le famiglie italiane vivono in grandissima parte in case di loro proprietà, la maggioranza possiede un pc e una su tre possiede un condizionatore. Nel 2011 il 72,4% delle famiglie è proprietario dell’abitazione in cui vive, mentre il 18% paga un canone d’affitto. Tra le famiglie in affitto, il 73,5% vive in abitazioni di proprietà di un privato, il 20,8% in case di proprietà di enti pubblici (in calo dal 22,2% nel 2010). Fra le principali utenze domestiche, a incidere di più sul budget familiare sono, nell’ordine, la bolletta del gas (2,2% della spesa totale), quella dell’energia elettrica (1,8%) e la bolletta telefonica (1,4%). Prosegue inoltre nel 2011 il processo di diffusione di alcuni beni durevoli, dal telefono cellulare (presente nell’89,6% delle famiglie), al personal computer (56,8%), alla lavastoviglie (45,3%), ai condizionatori d’aria (33,4%). 
Automobile. Tra i mezzi di trasporto privato il più utilizzato è ancora l’automobile: nel 2012 ben sette occupati su dieci (il 69,3%) si mette alla guida per recarsi a lavoro e poco più di un terzo degli studenti (34,7%) si fa dare un passaggio in macchina per andare a scuola. Sempre nel 2012, poco meno di un quarto della popolazione di 14 anni e oltre usa i mezzi pubblici urbani, il 16,3% quelli extra-urbani mentre il 28,5% ha preso almeno una volta il treno. 
Natalità. L’Italia non è più maglia nera in Europa per lo scarso numero di figli: siamo al quarto posto per bassa fecondità nell’Ue a 15 e al decimo nell’Ue a 27. Il numero di figli per donna è in lieve aumento ed è più alto al Nord, ma si diventa mamme sempre più tardi. Nel 2011 il numero medio di figli per donna si attesta a 1,42 a livello nazionale (1,41 l’anno precedente), ma raggiunge il valore di 1,48 nel Nord, la ripartizione con la fecondità più alta. All’interno dell’Unione europea a 15 Paesi (dati 2010) l’Italia si colloca al quartultimo posto preceduta da Portogallo (1,36 figli per donna), Spagna (1,38) e Germania (1,39). Nell’Ue a 27 i paesi con un minor numero medio di figli per donna sono la Lettonia (1,17), l’Ungheria (1,25) e la Romania (1,33); l’Italia si posiziona al decimo posto. Le donne diventano madri sempre più tardi: 31,3 anni è l’età media al parto in Italia, il valore più alto fra i paesi europei, lo stesso di Liechtenstein e Svizzera; seguono Irlanda e Regno Unito (31,2). 
Mortalità. Secondo le stime relative al 2011, la speranza di vita alla nascita migliora sia per gli uomini (79,4) che per le donne (84,5), grazie all’influenza positiva della riduzione dei rischi di morte a tutte le età. Nel contesto internazionale l’Italia si conferma uno dei paesi più longevi: nel 2010, all’interno dell’Unione europea, soltanto la Svezia continua a mantenere migliori condizioni di sopravvivenza maschile (79,6 anni), mentre in Francia e in Spagna le femmine fanno registrare la vita media più elevata (85,3 anni). 
Matrimoni. Il matrimonio religioso resta la scelta più diffusa (60,2%) ma nelle regioni del Nord quello civile nel 2011 ha fatto il sorpasso e prevale con il 51,7% rispetto al 48,3% di quello celebrato in chiesa. Secondo l’annuario dell’Istat, in Italia ci si sposa sempre meno e si preferisce sempre più il rito civile a quello religioso. Per il quarto anno consecutivo scende il numero dei matrimoni: nel 2011 ne sono stati celebrati 208.702, quasi novemila in meno dell’anno precedente; di conseguenza, il tasso di nuzialità passa da 3,6 a 3,4 per mille. Pur se in calo (da 4,4 a 4,1 per mille), il tasso di nuzialità del Mezzogiorno supera comunque la media nazionale. Il matrimonio religioso resta la scelta più diffusa (60,2%), ma sono sempre di più le coppie che decidono di sposarsi davanti all’ufficiale di stato civile, da 79 mila nel 2010 a 83 mila nel 2011. Soprattutto nelle regioni meridionali a prevalere è un modello di tipo tradizionale, dove la percentuale dei matrimoni celebrati con rito religioso è del 76,3%, contro il 48,8% del Nord e il 50,1% del Centro. 
Disoccupazione. Oltre un milione di disoccupati ha un’età inferiore ai 35 anni. Nel 2011, infatti, si contano 1 milione 128 mila persone in cerca di lavoro tra i 15 e i 34 anni. Tra i giovani fino a 29 anni il tasso di disoccupazione dei laureati è più elevato rispetto a quello dei diplomati. Ciò dipende dal più recente ingresso nel mercato del lavoro di chi prolunga gli studi, ma anche dalle crescenti difficoltà occupazionali dei giovani, pur con titolo di studio elevato. Nel 2011, infatti, il tasso di disoccupazione tra i 25 e i 29 anni raggiunge per i laureati il 16%, un livello superiore sia a quanto registrato dai diplomati nella stessa fascia d’età (12,6%) sia alla media dei 25-29enni (14,4%). Tuttavia con l’avanzare dell’età chi è in possesso di un titolo accademico recupera il terreno perso a confronto con i diplomati a causa del ritardo dell’entrata sul mercato. Quindi se si guarda in generale alla disoccupazione per titolo di studio, per il 2011 si conferma il vantaggio relativo ai laureati, che presentano il tasso di disoccupazione più basso (5,4%, in calo di tre decimi di punto rispetto 2010). Per coloro che si sono fermati al diploma il tasso complessivo è invece al 7,8% (10,4% per la licenza di scuola media inferiore e 11,6% per licenza elementare/senza titolo). 
Istruzione. Ci si iscrive meno, non solo all’università ma pure alle superiori. Per il terzo anno consecutivo, a scendere sono soprattutto gli iscritti alle secondarie di secondo grado (-24.145 unità). Se il tasso di scolarità si attesta ormai da qualche anno intorno al 100% per elementari e medie, subisce un’ulteriore flessione, dal 92,3% del 2009-2010 al 90%, quello riferito alle superiori. I giovani che ripetono l’anno in questo segmento di istruzione rappresentano il 7% degli iscritti e la selezione è più forte nel passaggio dal primo al secondo anno: la percentuale di respinti sale al 19,1%. In generale l’aumento della scolarizzazione ha prodotto, nel corso degli anni, un costante innalzamento del livello di istruzione della popolazione: la quota di persone con qualifica o diploma di scuola superiore raggiunge il 34,5% (33,9% nel 2009-2010), mentre sale all’11,2% la quota dei laureati. Anche l’università sembra aver perso appeal. Le matricole nell’anno accademico 2010-2011 sono circa 288.000, circa 6.400 in meno rispetto all’anno precedente (-2,2%). Si conferma, quindi, il trend negativo delle immatricolazioni iniziato nel 2004-2005, che ha riportato il numero di nuove iscrizioni a un livello inferiore a quello rilevato alla fine degli anni Novanta. La partecipazione agli studi universitari risulta particolarmente alta in Molise, Abruzzo, Basilicata: in queste regioni più di un residente di 19-25 anni su due è iscritto a un corso accademico. Le donne sono più propense degli uomini a proseguire gli studi. Le diplomate che si iscrivono a un corso universitario sono circa 67 su 100, i diplomati quasi 56, ma anche a portare a termine il percorso accademico. Nel 2011 il 48,8% dei diplomati del 2007 lavora, il 16,2% è in cerca di un’occupazione e il 31,5% è impegnato esclusivamente negli studi universitari. A quattro anni dalla laurea, invece, lavora il 69,4% dei laureati in corsi a ciclo unico, il 69,3% di quelli laureati nei corsi triennali e l’82,1% dei laureati in corsi specialistici biennali. 
Cultura. Oltre 40 milioni e 134.000 persone hanno visitato, nel 2011, i 424 luoghi di antichità e arte presenti nel nostro Paese, con un notevole incremento rispetto all’anno precedente (quasi tre milioni in più). Nel 2012 il 63,8% della popolazione ha fruito di almeno uno spettacolo o intrattenimento fuori casa, una quota inferiore a quella del 2010 (67,1%) e valore più basso degli ultimi sei anni. Il cinema continua a raccogliere il maggior pubblico (il 49,8% della popolazione), seguito da musei e mostre (28%), spettacoli sportivi (25,4%), siti archeologici e monumenti (21,1%), discoteche e balere (20,6%), teatro (20,1%), concerti di musica (19%) e concerti di musica classica (7,8%). Pur in calo, guardare la televisione è un’abitudine consolidata per il 92,4% delle persone di tre anni e più (94% nel 2011). L’ascolto della radio è meno diffuso, interessa il 58,3% della popolazione. Nel 2010 sono stati pubblicati 63.800 libri (rispetto ai 57.558 dell’anno precedente), per una tiratura complessiva di oltre 213 milioni di copie. La produzione editoriale registra una ripresa sia per i titoli (+10,8% in un anno) che per la tiratura (+2,5%). La lettura dei libri è l’unico consumo culturale, a livello nazionale, a non conoscere flessioni nel 2012. Nell’anno in corso legge un quotidiano almeno una volta a settimana il 52,1% delle persone in età scolare, mentre il 46% si dedica alla lettura di libri. I giovani di 11-14 anni sono i lettori più accaniti (60,8%). Si riduce, inoltre, il divario fra Mezzogiorno e resto del Paese per la lettura di libri. Gli utilizzatori del personal computer crescono di anno in anno: nel 2012 sono il 52,3% della popolazione di tre anni e oltre (52,2% nel 2011). Parallelamente, l’uso di Internet continua a mostrare un andamento crescente, coinvolge il 52,5% della popolazione di sei anni e più (51,5% nel 2011).

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