L’Italia declina per colpa delle sue classi dirigenti.

di Maria Pia Caporuscio. E’ per davvero triste constatare quanto la politica stia diventando uno strumento di devastazione delle istituzioni, dello stato di diritto, dello Stato medesimo e delle risorse pubbliche tramite un feroce saccheggio nell’interesse di pochi, tradendo purtroppo la natura stessa della politica che è quello di curare gli interessi e la qualità di vita di tutti i cittadini. Mai come adesso il comportamento della classe politica era riuscito ad avvelenare la vita dei propri connazionali.
Occorre che la popolazione si impegni in una seria riflessione sul concetto di bene comune, sui diritti delle persone e porre un freno a questa oscena volontà che sta uccidendo il presente e il futuro degli uomini. Fermare questo tipo di economia che degrada gli esseri umani costringendoli a nuove forme di schiavismo, condannandoli alla disoccupazione permanente e quindi alla povertà sistemica, è di vitale importanza. Si rende perciò urgente e necessario studiare un progetto di resistenza, sui temi dell’etica pubblica, per il ripristino delle libertà personali, calpestate in nome delle regole di mercato. Combattere l’erosione dei diritti e fermare la struttura autoritaria dei governi nei confronti del popolo che vorrebbero trasformare in sudditi nell’interesse del potere finanziario, un potere spudorato, senza controllo e al di sopra di ogni regola e di ogni legalità. Questi signori della politica stanno mettendo il popolo dinanzi ad una folle e disumana alternativa: “Rinunciare ai valori della civiltà o morire!” Si rende perciò necessario che i cittadini siano consapevoli dei propri diritti sovrani, capire perché e da chi, essi siano stati calpestati e quindi organizzarsi per una riscossa. In una Democrazia Il cittadino ha il diritto alla resistenza, come gli organi della stessa democrazia hanno nei confronti dei cittadini. Quasi certamente è per impedire al popolo sovrano di conservare questo potere (vigilare, giudicare, influenzare e censurare i propri legislatori) che si battono. Fin dall’antichità i potenti si sono avvalsi del loro potere per spuntare quest’arma che il popolo usava per affermare la propria dignità personale, vanificarne la possibilità di agire contro le istituzioni in nome del bene comune, contro le leggi mutevoli e ingiuste e di altri principi etici. Dunque anche ai nostri giorni si tenta con tutti i mezzi di spezzare quest’arma. La barbarie di questa attuale classe dirigente, si scontra drammaticamente con la civiltà raggiunta dopo secoli di cannibalismo verso le masse popolari , uno scontro fra le ragioni del mercato e i principi del bene comune ed è quindi necessario riprendere quel dialogo interrotto fra gli organi istituzionali e il diritto di parola dei cittadini. E’ necessario e urgente lottare contro le norme concepite al servizio del potere, contro quelle ad personam, perché uno Stato non si fonda sul profitto di pochi ma sul bene comune, si fonda sulla dignità della persona non sulla sua oppressione, sul diritto al lavoro non sul suo sfruttamento. Uno Stato è fondato sul futuro e non sulla “stabilità di governo” ed è concepito sulla tutela delle persone e non nel suo contrario. La contestazione non può essere intesa come violenza o peggio ancora, come un invito alla rivoluzione perché è un grido di dolore, una sassata alle coscienze della classe politica, uno stimolo al ritorno alla legalità costituzionale!

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