L’Inter “cinese” vince il suo 19° Scudetto!

di Alberto Sigona. Il nuovo calcio senza cuore: il trionfo dell’Inter è figlio (non primogenito) del calcio moderno, tutto votato al dio business.

Dopo 11 anni l’Inter è ritornata sul tetto d’Italia. L’ultima volta che i nerazzurri s’erano fregiati del Titolo di Campione d’Italia era il lontano 2010. In quell’anno la Germania finiva di pagare i debiti di guerra imposti dal Trattato di Versailles del 1919; Francesca Schiavone diventava la prima italiana a vincere un torneo del Grande Slam e veniva scoperto “Gliese 581 g”, un pianeta extrasolare con caratteristiche molto simili alla Terra, in grado, forse, di ospitare forme di vita. In quel 2010 l’Inter raggiungeva lo zenit di un ciclo idilliaco iniziato in occasione del terremoto di Calciopoli, che aveva spazzato via un altro periodo storico, quello della Juventus di Moggi & Giraudo, che aveva fatto man bassa di Scudetti e trofei internazionali di un certo spessore.

La società milanese all’epoca aveva un’identità completamente dissimile da quella odierna. Alla Presidenza c’era ancora il grande vecchio Massimo Moratti, uno degli ultimi esempi di padroni caserecci di lungo corso legati sentimentalmente al proprio consorzio di famiglia. Una delle ultime figure di calcio romantico, un calcio che fu. Adesso i vertici hanno gli occhi a mandorla, il Presidente è un baby ventinovenne e la tradizione familiare ed i relativi legami affettivi appaiono un ricordo remoto, smarritosi fra i meandri dissoluti della modernità.

Il successo dell’Inter “cinese”, al di là degli indiscutibili meriti di tutta la dirigenza, del tecnico A. Conte e di tutti i giocatori (da Lukaku a Bastoni, passando per Lautaro e Hakimi, Barella e Skriniar), è sicuramente ascrivibile ad un football che in quest’ultimo decennio è sin troppo cambiato, direzionandosi sempre più verso la traiettoria aziendale, in cui il trasporto emotivo e gli slanci nostalgici (e la passione genuina) sono rigorosamente banditi, messi fuori legge da uno spirito imprenditoriale sempre più pragmatico, sempre più cinico, che non tollera altro che il profitto sempre e comunque, in cui l’emozione tuttalpiù è dispensata dalla visione degli indici di borsa. Insomma, sono veramente irripetibili i tempi in cui Moratti si affezionava ad un Ronaldo o ad un R. Baggio (giocatori che oltre ad aver segnato tanti gol hanno segnato un’epoca), magari commuovendosi per l’addio di una vecchia gloria.

Oggi al massimo S. Zhang e soci potranno innamorarsi di un conto economico e si commuoveranno per un bilancio in rosso. Segno dei tempi che cambiano. Non sempre in meglio. “Nulla è pericoloso quanto l’essere troppo moderni. Si rischia di diventare improvvisamente fuori moda” [Oscar Wilde]

You may also like...

1 Response

  1. Alberto Sigona ha detto:

    Zhang (29 anni) non è il Presidente più giovane a vincere lo Scudetto. Umberto Agnelli nel 1958 si fregiò del Titolo a nemmeno 24 anni! Semmai Zhang è il primo boss straniero a conquistarlo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *