Libertà e/o obbligatorietà del vaccino (anti-covid) e riflessi sul rapporto di lavoro: brevi cenni.

di Luigi Giuseppe Papaleo (*). Una sorta di vaccinazione “indiscriminata” ovvero c.d. “tout court” salvo una formulazione “de iure condendo”, allo stato attuale nel nostro ordinamento giuridico non assurge ad una formulazione “de iure condito” in sede naturalmente di norme primarie.

Nell’ambito del rapporto di lavoro si sta ponendo la problematica di una sorta di obbligatorietà della vaccinazione anti-covid, giustificata dall’obbligo del datore di lavoro di apprestare misure idonee di sicurezza negli ambienti e/o luoghi ove si svolge l’attività lavorativa in esecuzione al dettato civilistico ex-art.2087 del codice civile, però, c’è da dire che tale norma va sicuramente coordinata con l’art.5 dello Statuto dei lavoratori che sancisce il divieto degli accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente, ed altresì, con la garanzia costituzionale ex-art.23 Cost. secondo la quale a nessuno può essere arbitrariamente imposto un obbligo di fare o di dare qualcosa, senza che l’entità ed il contenuto della prestazione sia desumibile dai criteri stabiliti dalla legge.

Peraltro, eventuali pressioni fatte dal datore di lavoro per indurre il lavoratore a sottoporsi al vaccino anti-covid pena la prospettazione del licenziamento, potrebbero configurare anche il reato di minaccia ex-art.612 c.p. invero, in giurisprudenza è classificabile come “danno ingiusto” il solo “prospettare” ai propri dipendenti la minaccia di un licenziamento.

Sul tema si cita una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione secondo la quale, allorché il datore di lavoro ponga in essere atti intimidatori finalizzati a “prospettare un male idoneo ad incutere timore” risponde del reato di minaccia. (Cfr. Cass. Penale Sent. Nr.7225/2019).

A mio modesto avviso, la costrizione al vaccino impartita dal datore verso il lavoratore di sottoporsi al vaccino preordinata comunque ad ottenere la cessazione del rapporto di lavoro potrebbe rilevare come un atto intimidatorio riconducibile alla suddetta fattispecie delittuosa.

(*) Luigi Giuseppe Papaleo
Avvocato Cassazionista
Giornalista-Pubblicista.

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2 Responses

  1. Alfred H. ha detto:

    Sono pienamente d’accordo con Parsifale-NApoli: che senso a lasciare aperti bar e ristoranti fino alle 18.00? Forse il Comitato scientifico e i nostri politici hanno la prova che il virus si mette in circolo solo dopo le 18.00?

  2. Parsifal-Napoli ha detto:

    Il lavoro ucciso da chiusure senza senso

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