L’Europeismo di Conte a difesa dell’unità nazionale e il fallimento delle Sinistre. di Gerardo Lisco

di Gerardo Lisco. L’intervista rilasciata dal Presidente Giuseppe Conte alla Suddetsche Zeitung riportata da Il Fatto quotidiano del 20 aprile u.s. chiarisce l’europeismo di Conte. In un passaggio dell’intervista alla domanda del giornalista risponde <<Sono assolutamente deciso a impegnarmi non solo per il bene del mio Paese, ma per il bene dell’Europa intera>>.

La notte di Conte e la lezione di Churchill - Il Mio GiornaleIn molti hanno ironizzato sul fatto che Conte abbia fatto riferimento a Churchill e alla drammaticità del momento storico rappresentato dallo scoppio della Seconda Guerra mondiale con la Francia sconfitta e le armate tedesche pronte ad invadere le isole Britanniche. Proprio come allora è questo “il momento delle scelte” che fanno la Storia.

Conte ha colto fino in fondo il ”momento”. Sarà per ambizione personale, perché è convinto che la costruzione dell’Unione Europea continui ad essere un buon progetto o semplicemente perchè non vi sono altre strade  da percorrere, resta il fatto che il Governo italiano sta sfidando gli altri Governi europei sul terreno della costruzione di una UE più integrata e coesa.

Che sia così lo dice chiaramente nell’intervista che ho richiamato quando a proposito degli Eurobond risponde <<Dobbiamo rafforzare la nostra casa comune rapidamente per poterci confrontare alla pari con le altre potenze economiche mondiali. Perciò quello giusto è uno strumento finanziario comune, ambizioso ed equo>>.

A partire dalla fine della stagione delle varie “Terze vie” le Sinistre, tanto quelle Liberal – Socialiste quanto quelle critiche ed anti UE, hanno perso diversi appuntamenti con la Storia.

La Sinistra Liberal – Socialista ha perso l’appuntamento con la Storia nel 2007-08 quando alla crisi finanziaria non è stata in grado di avanzare una proposta alternativa limitandosi a sostenere  soluzioni Liberal – Liberiste.

La Sinistra critica, diventata anti UE, ha perso l’appuntamento con la Storia quando ha ridotto il “momento Polany” e il “momento populista” a semplice scimmiottamento della destra populista dimostrando di non aver capito che essa è solo diversamente europeista.

Il Presidente Conte rilancia il progetto europeista nella consapevolezza che dato il momento storico “o si fa l’Europa o si muore!” nel senso che con la fine dell’euro e della stessa UE i costi, non solo economici e finanziari, potrebbero essere talmente elevati da far esplodere il sistema Italia nel suo complesso.

Con il crollo del “muro di Berlino” abbiamo assistito alla fine di alcuni Stati. La fine dell’Unione Europea non è detto che avrà come conseguenza il ritorno tout court agli Stati nazionali per come li abbiamo visti nel secolo passato. La fine delle grandi narrazioni ideologiche ha lasciato un vuoto enorme occupato, in questi anni, da istanze localiste e regionaliste.

L’Unione Europa è stato lo strumento utilizzato dalle elites per mediare le spinte secessioniste presenti in diversi Stati aderenti all’UE. La presenza di istanze localiste molto forti potrebbe portare all’esplosione degli Stati nazionali come è successo per URSS, Jugoslavia, Cecoslovacchia e la stessa Ucraina.

Il crollo dell’Unione Europea e la fine dell’ideale degli Stati Uniti d’Europa potrebbe far esplodere quegli Stati dove il localismo è fortemente radicato. Tra questi Stati rientrano: Italia, Spagna, Belgio. Perché gli Stati nazionali, nel caso di crollo dell’Unione Europea, possano ritornare ad essere compiutamente Sovrani hanno bisogno di una politica nazionale che inverta quanto fatto negli ultimi trent’anni.

I governi,  per salvare l’integrità degli Stati, dovranno operare sugli investimenti, sulla spesa pubblica, sulla leva fiscale e sul’accentramento di materie oggi delegate alle regioni. Politiche di questo tipo non saranno facili da realizzare. Come farà un Governo nazionale spagnolo a convincere i Catalani, i Baschi ecc. a dover rinunciare all’autonomia acquisita? Stessa cosa dicasi per il Belgio e l’Italia.

Immaginate un Governo italiano che dovrà convincere: lombardi, veneti, emiliano – romagnoli e friulani che il prelievo fiscale non dovrà rimanere sui loro territori ma essere impegnato, anche se in parte, a favore delle regioni del Sud.

Per le ragioni che ho esposto la fine dell’UE sarà la fine di alcuni degli Stati che la compongono. Che l’ipotesi di una disgregazione degli Stati più deboli non è affatto remota è sufficiente vedere ciò che è successo alla Repubblica Federale di Jugoslavia. Con la fine del comunismo le istanze secessioniste presero il sopravvento. Ad alimentare tali istanze furono gli interessi di quegli Stati che non aspettavano altro. Sloveni e Croati ritornarono nell’ambito del Lebensraum tedesco, la Serbia rimase a far parte dell’area di influenza Russa.

Saranno gli interessi degli Stati nazionali forti e coesi che alimenteranno le spinte secessioniste al fine di rafforzare la propria area di influenza. Non ci vuole molta immaginazione per capire che aree regionali come la Padania, la Catalogna o le Fiandre rivendicheranno con forza la propria indipendenza attratti dal sistema economico Mitteleuropeo egemonizzata dalla Germania.

Le Sinistre dicevo hanno perso diversi appuntamenti con la Storia, oggi, per evitare di scomparire anche dal radar  hanno il dovere di cogliere “il momento storico” del quale parla Conte.

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