La vittoria di Gentiloni il soporifero.

di Gerardo Lisco. La vittoria di Gentiloni è attribuibile allo stile del Presidente del Consiglio: calmo, pacato e paziente. Con Gentiloni, siamo passati dal roboante accavallarsi di tweet e di dichiarazioni – espressione di un giovanilismo velocista e futurista – paragonabili ad una sorta di eiaculatio precox della mente dello “statista di Rignano”, alla calma che viene dall’esperienza. A parte lo stile, però, Gentiloni si è mosso in perfetta linea con il Governo Renzi
con la sola eccezione delle politiche per le immigrazioni gestite e dirette dal Ministro Minniti. A fine estate, contando sull’intontimento degli italiani dovuto al caldo, i media di regime hanno cominciato a sfornare, in modo acritico, i risultati positivi del governo. Il PIL è cresciuto dell’1,3%, di uno 0,3% in più rispetto alle previsioni. I dati sull’occupazione segnerebbero un’inversione di tendenza, l’APE inizia a decollare, addirittura viene varato il provvedimento che introduce il reddito di inclusione per 400.000 famiglie ridotte in miseria e in più, sempre all’insegna della continuità politica, il Governo si appresta a varare nuovi interventi a favore delle imprese, finalizzandoli all’occupazione. I media di regime stanno lavorando ai fianchi l’opinione pubblica. Di fronte a un bicchiere riempito solo a metà cercano di convincere gli italiani ad essere positivi e a vederlo mezzo pieno. Indagini e sondaggi demoscopici ci bombardano ogni giorno raccontandoci che la fiducia degli italiani, delle imprese e dei consumatori è in crescita, cioè vedono il bicchiere mezzo pieno. Concordo anch’io con la sociologa Chiara Saraceno quando in un’intervista dichiara “Il reddito d’inclusione è sottofinanziato ma è il primo strumento di contrasto alla povertà inserito nel nostro sistema di welfare e la solidarietà non è più sufficiente”. E’ lapalissiano. Non è un caso che la stessa Saraceno dichiari che comunque il sistema va monitorato perché al suo interno ci sono una serie di criticità che vanno risolte. Ed è proprio questo il tema. Se analizziamo i risultati che sventola il governo la prima riflessione da fare è che essi sono in linea con la creazione di un sistema neoliberista, dominato dal mercato. Non è affatto vero che essi risolvono problemi quali deficit pubblico, debito pubblico, crescente disuguaglianza, precarizzazione del lavoro, e con esso dell’esistenza; anzi smantellano il welfare, alimentano il divario nord/sud, il degrado ambientale, peggiorano qualità della vita ed altro ancora. La prima domanda da porsi riguarda la fonte delle risorse finanziarie che il Governo si appresta ad utilizzare. La seconda è: se, come è stato evidenziato da più parti, la riduzione del cuneo fiscale non ha prodotto risultati tangibili e duraturi nel tempo per quale motivo continuare? Terza domanda: se il divario tra poveri e ricchi continua a crescere per quale motivo continuare con le stesse politiche che vedono privatizzazione dei servizi sociali, smantellamento del welfare, moderazione salariale, politiche offertiste, ecc.? Le risposte sono insite nelle politiche del Governo che operano una sorta di redistribuzione delle risorse a favore dei ceti sociali ricchi sperando che la teoria del trickle – down produca i suoi effetti e che la “mano invisibile” sia guidata da quell’egoismo che si traduce in fatti positivi per l’intero sistema. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum. La risposta ai quesiti che ho posto è semplice: il governo con i tagli alla spesa pubblica si appresta a finanziare il taglio del cuneo fiscale alle imprese, l’assegno per la povertà, il salvataggio del sistema bancario, ecc. In sostanza attraverso i tagli alla spesa pubblica per il sociale opera una vera e propria redistribuzione di risorse a favore dei ceti ricchi sperando che questi reinvestano. In aggiunta ai tagli alla spesa pubblica per il sociale opera sulla pressione fiscale per ridurre il prelievo a favore dei redditi più alti e quindi del capitale. Lo fa rimodulando le detrazioni fiscali e contestualmente riducendo i controlli fiscali. Dimenticando che una famiglia per portare in detrazione una spesa deve avere il denaro da spendere. Il Governo non recupera risorse finanziarie dall’evasione e dalla elusione fiscale ma dalla privatizzazione dei servizi di interesse sociale, dalla loro messa sul mercato e dalla esternalizzazione di tutta una serie di attività legate all’interesse pubblico. In questo modo crea le condizioni perché l’impresa che ha rilevato un servizio, il giorno dopo per rientrare nei costi sostenuti per l’acquisizione del servizio dal pubblico a seguito di gara con il massimo ribasso, pur in presenza di clausole sociali, operi tagliando i costi del personale e riducendo qualità e quantità dei servizi. Ciò che per il pubblico è un buon affare nei fatti si traduce in un costo sociale che contribuisce ad aumentare il divario tra ricchi e poveri, a frustrare la domanda aggregata e quindi a spacciare per un grande successo la crescita stimata dell’1,5% del Pil. Gentiloni ha vinto? Si ha vinto nel senso che sta realizzando il programma di un Governo neoliberista. Bisogna vedere come questa sua vittoria sul piano delle politiche del Governo verranno percepite dall’opinione pubblica. Bisogna vedere se i media di regime riusciranno a convincere l’opinione pubblica che il bicchiere è mezzo pieno e quindi bisogna essere ottimisti. I dati dicono altro. Sull’occupazione dicono che le fasce sociali comprese tra i 24 e i 34 anni sono quelle che stanno pagando di più la crisi in termini. Il numero degli occupati ultracinquantenni è cresciuto per gli effetti della legge Fornero; che l’APE porterà una riduzione dell’assegno pensionistico in media del 20%, che 12 milioni di italiani rinunciano a curarsi e secondo i demografi questo dato, paradossalmente, potrebbe essere positivo ai fini della riduzione dell’età pensionabile. Di tutto questo e di altro gli italiani sono consapevoli?

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