La sentenza dei giudici: telefonino cancerogeno!

Quel cellulare usato per 15 anni per 3/4 ore al giorno è stata causa di un tumore al cervello per Roberto Romeo, un 57enne dipendente della Telecom. Ora l’Inail dovrà pagargli la rendita perpetua per il danno subito sul lavoro.
Questa la decisione del Tribunale di Ivrea, annunciata dagli avvocati Renato Ambrosio e Stefano Bertone: “Per la prima volta al mondo una sentenza di primo grado ha riconosciuto un nesso causale tra l’uso prolungato l’uso di un telefono cellulare e un tumore al cervello”, spiega lo studio legale torinese Ambrosio e Commodo. Il Tribunale di Ivrea ha infatti condannato l’Inail a corrispondere una rendita vitalizia da malattia professionale al dipendente di una azienda cui è stato diagnosticato il tumore dopo che per 15 anni ha usato il cellulare per più di tre ore al giorno senza protezioni. Il giudice del lavoro del Tribunale di Ivrea, Luca Fadda, riconosce che il tumore, benigno ma invalidante, contratto dall’uomo è stato causato dall’uso scorretto del cellulare. “Speriamo che la sentenza spinga ad una campagna di sensibilizzazione, che in Italia non c’è ancora”, afferma l’avvocato Stefano Bertone. “Come studio – aggiunge – abbiamo aperto il sito www.neurinoma.info, dove gli utenti possono trovare anche consigli sull’utilizzo corretto del telefonino, sono soprattutto i bambini e le donne in gravidanza a essere più vulnerabili, la popolazione deve essere avvisata perché basta usare il telefono con l’auricolare o a una certa distanza per poter abbassare i rischi”. L’effetto cancerogeno delle onde elettromagnetiche del telefonino era già stato riconosciuto sin dal 2011 dalla Iarc che aveva inserito questo dispositivo nella categoria 2b. “Il fatto che nel 2017 i tribunali italiani riconoscano già in primo grado la causa oncogena insita nei campi elettromagnetici generati dal cellulare è il segno del continuo avanzamento delle conoscenze scientifiche”, spiega l’avvocato Bertone. Il dipendente della Telecom Roberto Romeo che si era ammalato di un neurinoma spera che la sua causa serva e sia di aiuto: “Non voglio demonizzare l’uso del telefono cellulare ma per evitare quello che mi è successo bisogna saperlo utilizzare in modo corretto. all’inizio pensavo di essermi preso un’infezione all’orecchio ma poi ho capito che la cosa era bene più grave”, racconta ancora Romeo che era obbligato a usare il telefono cellulare al lavoro in quanto non si trovava in ufficio, ma era spesso in giro: “Per 15 anni ho fatto innumerevoli telefonate anche di venti e trenta minuti, a casa, in macchina. Poi ho iniziato ad avere la continua sensazione di orecchie tappate, di disturbi all’udito. E nel 2010 mi è stato diagnosticato il tumore. Ora non sento più nulla dall’orecchio destro perché mi è stato asportato il nervo acustico”. L’avvocato Renato Ambrosio ci tiene a dire di aver avuto non poche “difficoltà sul profilo medico e scientifico perché ci è stato detto che non c’erano prove che il cattivo uso del cellulare potesse creare un tumore, ma è stato detto che non si poteva anche dire il contrario. Questa sentenza invece dice proprio che c’è un nesso causale ed è per questo che ora chi ci governa deve prendersi la responsabilità di fare qualcosa”. E a proposito di nesso causale: “Sulla base dei criteri elencati nel preambolo delle monografie della Iarc, le emissioni a Rf/Mo dei telefoni mobili (cellulari e cordless) dovrebbero essere classificate nel gruppo 1 dei sicuri cancerogeni per l’uomo”. E’ quanto scrive il professor Angelo Levis nella consulenza prestata in tribunale a Ivrea. Levis ha depositato una memoria per conto dello studio Ambrosio e Commodo: il documento richiama le conclusioni di numerosi autori, fra cui Lennart Hardell e la sua squadra di collaboratori del dipartimento di oncologia dell’Università di Orebro, in Svezia. “E’ urgente – scrive Levis – la revisione delle attuali linee guida finalizzata alla fissazione di limiti di esposizione realmente cautelativi”. “I risultati – osserva – delle indagini epidemiologiche caso-controllo, delle pooled analyses e delle metaanalisi di Hardell e di altri autori, comprese quelle di chi scrive, non lasciano dubbi circa l’esistenza di un rapporto causa-effetto tra esposizione abituale e per lungo tempo ai telefoni mobili (Tm – cellulari e cordless, analogici e digitali) e rischio – almeno raddoppiato e statisticamente significativo al 95% di probabilità – di tumori ipsilaterali alla testa: gliomi cerebrali, meningiomi e neurinomi acustici”. “L’incremento del rischio quantificato da Hardell nei suoi ultimi lavori pubblicati nel 2013 e 2014 – aggiunge Levis – è impressionante: il rischio di gliomi è praticamente triplicato per l’insieme dei casi esposti a Tm da più di 10 anni, quasi quadruplicato negli esposti solo a cordless”. Insomma, fino ad oggi gli studi scientifici, pur rilevando la nocività dell’esposizione alle onde, non avevano mai dimostrato il rapporto causa-effetto con la malattia, ma adesso questa sentenza potrebbe dare il via ad un’ondata di ricorsi!

You may also like...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *