La scuola non serve più!

freeskipper-NoScuoladi Massimiliano Pani. La scuola non serve più“, recita una scritta in un muro di via Tramontana a Cagliari, proprio affianco ad un gigantesco cartellone pubblicitario che propone le virtù di un centro benessere. Una frase perfetta per riassumere la crisi che (anche) il sistema scuola sembra vivere. Ma se i problemi dell’universo scolastico non nascono certo oggi e neppure ieri, molto attuale è invece la questione posta in termini di utilità: a cosa serve? E’ per lo meno dubbio che sia esistita un’età dell’oro dell’istruzione in Italia, un periodo in cui le cose funzionavano bene, gli studenti erano molto e ricettivi, gli insegnanti bravi e appagati e le aule sicure e ben riscaldate. Ma certamente c’è stato un tempo in cui la missione della scuola – e quindi la richiesta verso essa da parte di tutti e tutte – sembrava essere più chiara: innalzare il livello culturale generale e preparare le persone per il mondo del lavoro. La prima funzione, quella di formazione, sembra essere messa irrimediabilmente in crisi dall’avvento di internet, soprattutto con la banda larga: Google sa tutto prima di noi, meglio di noi. L’accesso alle informazioni è così semplice, continuo e alla portata di tutti, che non è certo solo attraverso la scuola che si vengono a sapere le cose. Ovviamente la questione non è proprio in questi termini, ma siccome uno dei problemi della nostra scuola è stato un certo diffuso nozionismo (con tante e lodevoli eccezioni, certo), è chiaro che il confronto sotto questo punto di vista con la Rete rende perdente la scuola. La seconda questione (la scuola per il lavoro) è, se vogliamo, ancora più problematica. Ma se mai questa è stata una delle principali ragione d’essere dell’istruzione pensata per tutti – e anche questo è per lo meno dubbio -, ora certamente non è più così, o non lo è completamente. Nessun genitore può sperare di essere ragionevolmente convincente adducendo come principale motivazione dell’andare a scuola il fatto che solo così poi si possa trovare un lavoro, e più si studia e migliore sarà il lavoro. Ogni giorno, continuamente, i media vecchi e nuovi propongono personaggi che “ce l’hanno fatta”, e quasi mai tra le motivazioni del loro successo c’è il diploma, la laurea, la conoscenza della seconda legge della termodinamica o un’abilità specifica in trigonometria. Gli esempi di persone che lavorano e guadagnano bene (sì, anche giocare a calcio o fare comparsate in tv, per esempio, può essere un lavoro) senza che ciò sia merito dei loro studi è talmente presente ed esibita che è impossibile da negare, non nel suo automatismo, certo, ma nella sua possibilità. Ma se la scuola non serve (più) principalmente per preparare al mondo del lavoro e neppure ad avere l’accesso esclusivo alle informazioni (nozioni), e noi non siamo in grado di trovarle un altro senso, non ci possiamo poi lamentare se le cose non vanno bene. Se non abbiamo niente da chiedere alle scuola, la scuola non ci darà niente. Nessun partito politico o movimento, a livello nazionale o locale, viene veramente premiato o penalizzato dai propri elettori in funzione della propria politica culturale e sulla scuola. Mai. E quindi poi la scuola subisce tagli. E noi ci lamentiamo. E poi crollano i tetti delle aule. E noi ci lamentiamo. E dobbiamo portare a scuola carta igienica e acqua imbottigliata. E noi ci lamentiamo. Ma lamentarsi così è come lamentarsi della pioggia o del freddo. Si può fare, lo fanno tutti, ma non serve a nulla. Nell’epoca del surplus informativo e della carenza lavorativa, siamo quindi chiamati e dare conto di dove abbiamo portato la scuola. Tenendo presente che, appunto, siamo stati noi a portarcela e che non è affatto così scontato che tutti e tutte si abbia la stessa idea su dove debba andare, o tornare, per far funzionare meglio la scuola. Ma con la certezza che, se non concorriamo a dargliela noi, la scuola prenderà comunque una direzione decisa da altri. E se non ci piacerà, non servirà a nulla lamentarci dei termosifoni che non funzionano e dell’ennesima riforma della scuola che non riforma proprio nulla dai tempi di Gentile. Da qualche giorno qualcuno ha modificato la scritta vicino al cartellone pubblicitario in via Tramontana; ora è stato cancellato il “non” ed è stato aggiunto “di prima”: la scuola serve più di prima. Giusto. Per fare cosa?

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