La “rivoluzioncina” di Matteo Renzi, ma attento alle correnti!

Siamo un Paese in perenne campagna elettorale. E nonostante l’astensionismo si attesti su percentuali intorno al 50%, il ricorso alle urne sembra ancora essere l’unica speranza percorribile per cambiare un paese sfasciato dalla malapolitica. Il voto inteso come un’ancora di salvezza, la disperata illusione che eleggendo tizio, dopo aver provato caio e sempronio alle ultime elezioni, le cose possano andare meglio di prima. 
E allora non solo elezioni politiche e amministrative, ma pure “le primarie”, ovvero quelle votazioni nelle quali alcuni partiti, soprattutto quelli schierati a sinistra, provano a darsi un leader passando per le “urne domestiche”, allestite alla meno peggio nelle sezioni di partito o negli angoli delle piazze.
Il Pd, dopo il flop del giaguaro e l’interregno di un sindacalista, ha fissato per il prossimo 8 dicembre, alla fine di accese discussioni e vibranti polemiche, la data del voto che decreterà la premiership dei democrat.
I programmi dei quattro aspiranti “segretari” del Nazzareno sono on line. In corsa Civati, Pittella, Cuperlo e Renzi. In pool position, il sindaco di Firenze, Matteo Renzi che abbandonata la strategia della rottamazione, adesso pensa ad una “rivoluzioncina” per cambiare il Paese e anticipa che se sarà lui eletto “segretario” la prima cosa di cui si occuperà sarà un piano per il lavoro. Matteo Renzi ci tiene, peraltro, a prendere le distanze dal suo compagno di partito e attuale premier, Enrico Letta: “Io sono profondamente diverso, Enrico è, dicono, più calmo e riflessivo, saggio e prudente. Io sono un po’ più radicale e penso che in Italia ci vorrebbe una ‘rivoluzioncina’, nella pubblica amministrazione ma anche nell’estabilishement del mondo finanziario”. 
Tema lavoro e disoccupazione: “Se oggi un ragazzo entra in un centro per l’impiego esce senza aver trovato lavoro. E questo è perchè tutto funziona ancora con le raccomandazioni e con gli amici degli amici. Senza contare la burocrazia”. Per questo, dice il sindaco di Firenze, la prima cosa di cui mi occuperò è “un vero piano per il lavoro”. 
Per quanto riguarda, poi, la legge elettorale puntualizza: “non è un problema di maggioritario o no. Il problema è che dopo le elezioni non si sa mai chi vince. Ci sono tre punti precisi: il primo è che uno deve vincere; il secondo è che per cinque anni è responsabile di ciò che viene fatto e di ciò che non viene fatto; il terzo è che non si può, dopo essersene dette di tutti i colori in campagna elettorale, poi si va insieme e c’è l’inciucio”. 
Manca il quarto punto. Anche se un partito in Italia dovesse mai andare da solo a Palazzo Chigi, la stabilità non sarebbe comunque garantita per la persistenza di correnti e spifferi che una semplice ‘rivoluzioncina’ non basterebbe da sola a mettere al riapro da eventuali “crisi-di-governo” neppure un esecutivo ‘mono-colore’ al 51% dei consensi! E il sindaco di Firenze, qualora dovesse spuntarla nella corsa alla premiership, sa bene che dovrà fare i conti con dalemiani, veltroniani, bersaniani e pure cuperliani. Occhio alle correnti, Signor Sindaco!

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